La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 34 - 3 settembre 1908

(31) 30 APPENDICI( LtA VITA T1J1I3OLtENTA DI Rimmoislbo fIENbERsoN L'ambasciatore mi stava dicendo alla portata dell'uccel- cellame alla graticola che sarebbe stato bravo colui che a- vesse saputo definire in poche parole il duca. Egli era un tipo a tante facce. Buono e cattivo, leale e sleale, moralista e libertino. Tutte le volte che lo ha incontrato si è trovato davanti a un De Morny che disfaceva quello dell' ultima volta. Dopo averlo udito parlare delle virtù delle signore, della loro eleganza e della loro intelligenza, a tavola, dal Girardin, il grande giornalista che voleva dare ai lettori del Figaro un'idea al giorno, ha dovuto tossire con gli altri commensali che non volevano interromperlo, ma che desi- deravano smettesse di fare della maldicenza sul conto delle signore. Quando vuole è un vero eauseur della tavola. Con una verve indiavolata aveva assorbito l'attenzione di tutti, salvo i punti in cui si compiaceva di indugiare nelle descrizioni fisiche delle donne ch'egli aveva conosciute. Parlava di seni rotondi, di curve armoniose, di spalle di satin, di colli di cigno, di capigliature ondeggiate, di braccia pozzettate cc- me s'egli fosse stato in una galleria di Galatee. Sosteneva, contro l'opinione del generale Fleury, che le signore non hanno gusto, che ignorano ciò che e buono e che nella vita non sono nè ghiotte nè libertine. Esse non ubbidiscono che a dei capricci, a dei ghiribizzi. Nel fumatoio ha sostenuto la tesi che un pò di libertinaggio addolcisce i costumi delle nazioni. Come poco dopo, nel salotto delle conversazioni, dove erano le donne della grande società, ha fatto l'apologia del tribadismo, assicu- rando l'uditorio che raffina la donna. Tutta la sua vita è vuota d'ispirazione morale, mi disse il -conte incoraggiandomi a vuotare il calice di Gattinara, che io avevo magnificato chiamandolo eccellente. Del De Morny si deve ascoltare ciò che pensa e non cio che dice. Nella sua conversazione c'è sempre un pò di donchisciottismo.

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