La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 25 - 2 luglio 1908

(23) APPENDICE 29 VITA TUR13011ENT1 Dl RAI-MONDO FIENIDERSON La carne era molle. Tra il pollice e l'indice c'era ridondanza di pelle che si sfaldellava. Si è rialzato con un sospiro che pareva uscire dal sepolcro dei suoi ricordi ed è andato allo stipo di mogano, coperto di uno strato bianchiccio che lasciava supporre che nessuno da tempo se ne occupasse, aprendolo con la chiavetta inglese nell'anello della catena al bottone della bretella, e ha tirato fuori un paccone nella carta gialla, legato a doppio cordoncino, con i capi sepolti sotto una lasta di ceralacca, dicendo che c' era dentro tutto sè stesso. Qui è il mio cuore, mi diceva, qui è la mia esperienza, qui sono i miei strazii, qui è la mia intelligenza. Quando avrai letto tutto questo, aggiungeva con il gomito che tratteneva il pacco e la mano che ne rompeva il suggello, tu avrai vissuto della mia vita, avrai girato per le inti- mità delle mie passioni-, sarai disceso nei gorghi delle mie disperazioni, e potrai essere mio giudice. — Un compito al quale non adempirò mai, diss' io al- zandomi e curvandomi rispettosamente. — E se te ne pregassi? — Se me lo ingiungesse, ubbidirei. Ma io, senza pas- sato, che censurassi o lodassi il passato di un altro, sarei ridicolo. Non avrei paragoni per vantarne le differenze e non saprei dove pescare gli esempi per farmene un giu- dizio. E lei, signor conte, avrà bisogno di un cervello maturo' fattosi adulto in mezzo alle bufere sociali. Mi ascoltava, non mi ascoltava? La bonarietà che dava alla sua faccia un temperamento, se n' era andata. Il si- gnore pareva si trasformasse di attimo in attimo. Non era più quello della tavola. Nello studio c' era un uomo che soffriva, che celava dei segreti, che aveva bisogno di

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