La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 24 - 25 giugno 1908

12 ha gente che Vuole Il diVorzlo e la gente che non lo Vuole. Il marito che pianta un calcio nel ventre della moglie incinta. Signor Direttore, Io sono la più infelice delle madri. Stia; a sentire. Mi sono maritata il 6 a ttembre del 1901, come lei può verificare all'uf- ficio di anagrafe. Lungo il fidanzamento l'uomo che ho sposato era il modello degli operai. Non conosceva il lunedì, era sobrio, rincasava a mangiare la minestra alla stessa ora e veniva a passare qualche mezz'ora con me alla sera. Fino a quando siamo stati soli la nostra vita coniugale non ha avuto tribolazioni. Uscivamo di casa assieme per andare al lavoro e ci incontravamo sulla strada alla chiusura delle fab- briche. I nostri settimanali si confondevano, e senza privarci del necessario facevamo risparmi per il libretto della Banca Po- polare. Quattordici mesi dopo è incominciata la gravidanza e con la gravidanza, la mia disperazione. Non è stato più lui. In casa ergdiventato malinconico e scontento di tutto. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto piangere. Senza pronunciare una parola sbatteva il cucchiaio della minestra sul tavolo e usciva. Se gli parlavo del nascituro alzava le spalle e faceva smorfie di un'ironia feroce. Le gentilezze erano scomparse. A letto mi voltava il dorso. Se gli domandavo il perchè del suo cambia- mento si irritava. La gravidanza era giunta ai sette mesi. Io era diventata una balena. I miei padroni mi dicevano di stare a casa che il settimanale me lo avrebbero dato lo stesso. Mi sono messa a preparare le fasce, i cuffini, la biancheria per la culla, e qualche volta gli facevo vedere questa o quella cosa dicendogli: Guarda come è bella! Lui mi rispondeva con una pedata alla sedia vicina e poi usciva e andava a letto, sbattendo l'uscio della stanza. Purtroppo io, malgrado i suoi dispetti, ero obbligata a par- largli della creaturina che stava per nascere. E tutte le volte che gli dicevo che quando sarebbe stato padre avrebbe ricupe- rato il buon umore, la sua voce diventava maligna, sarca- stica o piena di disprezzo. Pronunciava il « padre » a denti stretti, con accenti e inflessioni che mi facevano sentire il sul) disgusto. « Padre! » Più si andava avanti e più diventava vio- lento e più beveva. Nelle ultime Attimane tornava a casa più ubbriaco che sobrio. Un giorno ho perduto la pazienza e mi sono alzata come una furia. — E che cos'è questo contegno di mettere in dubbio che tu sia il padre di tuo figlio? • Gli sono andata col pugno fin sotto gli occhi. # •

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=