La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 15 - 23 aprile 1908

26 ferire ogni spirito ben nato a cui ripugni d'essere solidale con dei farabutti. All'ultima Scena dell'opera il disgraziato artista che nel suo sgomento non era ~menò in grado di capire quante gambe avesse un tavolino attaccò la. sua aria, senza attendere che il maestro gli segnasse l'entrata, e mentre l'orchestra non faceva che accennare le battute d'introduzione; una gaffe com- passionevole; l'infelice si fermò subito atterrito; sperduto; era una scena triste e penosa, d'angoscia e d'umiliazione che avrebbe di.arimato anche un nemico, anche un rivale, ma la plebe degli agenti di cambio, dei salumieri arricchiti, o dei mercanti in ar- redi sacri, la marmaglia di giovani signori, e dei laureati a suon di scudi, volle ed ebbe il MIO spuntino di gazzarra, e giù grasse risate, interiezioni canzonatorie, proteste imbecilli contro il malcapitato. Branco di conigli idrofobi! Quando si è data la Luisa dello Charpentier — io non voglio dire se l'opera meritasse o no del successo, ma ammetto che si possa in perfetta buona fede esaltarla o condannarla — non si ebbero anche allora quelle triviali manifestazioni di scontento che si possono perdonare alla impulsività di un pubblico incolto, non concepibile però da parte di spettatori per cui una vernice di decoro dovrebbe far parte della scienza della vita? Gli è che questi beceri petulanti, fanno della loro ignoranza e del loro cattivo gusto armi di offesa e di difesa contro .ogni tentativo -di dirozzarli. Illudersi di svegliare o di educare la loro sensibilità sarebbe come credere di poter insegnare il mi- nuetto ad un rinoceronte zoppo. Ma come diavolo volete che sentano e si appassionino a della musica che non Sia Il %valzer della Vedova allegra questi zotici in sparato candido, se non arrivano a capire manco il libretto dette opere che pretendono giudicare! Parlo del libretto del Pelleas e Melisanda, che per essere di Maeterlink, può meritare, almeno, una lettura attenta; quanto alla musica sia quel diavolo che vuol essere, preferirei dar lezioni di sanscrito a degli esquimesi che discuterne colla maggioranza degli abbonati alla Scala. Ma per quel che è il libretto, basterebbe saper compitare per penetrarne il mistero; come si spiega dunque che ogni tanto si sentiva ridere intorno a noi, con trilli d'ilare sorpresa che non ne caccerebbe tanti un selvaggio nudo che vedesse il -Ger- betta in marsina strisciarvi delle riverenze? La favola del Pelleas è subito ricordata quando si è detto che richiama la storia di Paolo e Francesca. Melisanda é sposa a un sire Golaud e si innamora di Pelleas, il giovane cognato. Goland, se ne accorge, li spia, infierisce contro Melisanda e finisce col- l'ammazzare il fratello. Ma questa semplice e poco originale avventura è nobilitata e idealizzata da scene di un grande volo poetico, e di una psicologia che nella sua grazia ingenua ed infantile ha tratti di una grande acqezza. Nel terzo etto, Golaud, che ha come il presentimento dell'in-

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