La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 4 - 6 febbraio 1908

15 bocca di tutte quelle dramatís... (domando perdono) di tutte quelle persone dei tre. episodi. Perché la novità grande è tutta qui: non più atti, ma episodi. O rinnovarsi, o perire! L'opera dannunziana è forse opera di ricostruzione storica? « Negli anni (così, e non altrimenti, la forbitissima didascalia) della fruttifera Incarnazione del Figliuolo di Dio 552... ». Un momento, signor Autore: si può sapere che razza di lingua parla, Lei, al buon pubblico che leggerà la sua Nave, e che razza di lingua Ella mette (scusi) in bocca a quei poveri diavoli di profughi d'Aquileia, ivi comprese le diaconesse? Perchè bi- sogna risolversi. Negli anni, ecc, 552 (che poi é un anno solo e soletto) è presumibile che anche da quelle parti, come in tante altre d'Italia, si parlasse il latino volgare e non l'italiano del cav. Marino o... di Gabriele d'Annunzio; come è presumibile che il pubblico dell'Argentina o di altri teatri d'oggi parli, se mai, il levantino delle nostre gazzette o dei nostri Atti del Governo, e non già il linguaggio del Novellino o di fra Dome- nico Cavalca. Ma, lasciando in pace il Cavalca, è noto anche a chi non è in grado di consultare altro che una qualsiasi Guida cli Vene- zia, come quel povero tipo immaginario di delinquente imbe- cille eh' è Marco Gratico, fatto dal trageda nientedimeno elle l'assertore dei futuri destini d'Italia, non abbia proprio nulla a che spartire nè con quel Rustico da Torcello ne con quel tribuno di Malamocco, che, più di due secoli e Mezzo dopo, trasportarono da Alessandria a Venezia le famose ossa del- l'Evangelista. E a quel disgraziato di Lucio Polo, quanti capi di bestiame e di papi e altri generi non gli tocca a trasportare da nn oceano all'altro! Ma è addirittura una mezza dozzina di carret- toni di materiale storico affidato al rappresentante di un' Impresa Gondrand di quei tempi! Anche siami concesso di aggiungere che, nel sesto secolo, le Sibille o Pitonesse alla Ema non erano più di moda, come non c'erano ancora né padre Guglielmotti da Civitavecchia nè il suo saccheggiato dizionario di marineria... Altro che Tolus ilfunclus I L'opera del D'Annunzio è, infine, opera d'arte? Per gran parte, sì; poichè l'ingegno di lui è sovrano, e, pur di mezzo al sangue di tanti delitti e al fango di tante lascivie, dove il D'Annunzio ama far diguazzare le mostruose persone dei drammi suoi, una perla si trova sempre. Ma, per l'onesto giudice, opera d'arte vera nel senso critico, no. Rinnovarsi, o perire! Lo sappiamo a memoria: ma la Nave non rinnova proprio nulla. Non è un dramma, non è un ballo, non è uno spartito, e men che meno una tragedia. Hinzberg, lo psico- logo del Tragico, sarebbe impacciato a trovarle una delle sue classi. La Nave sarebbe un simbolo, quando al suo autore fosse possibile spiegarci chi mai e che cosa mai abbia voluto simbo- leggiare: peggio, poi, per chi non intese la feroce ironia di

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