Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 2 - aprile 1975

implica lo ridurrebbe a una dimensione solo intima e privata, e dunque lo por– rebbe in contraddizione con se stesso: proprio perché quella separazione si mi– surava non $emplicemente con il mondo ma con la cristianità stessa: era un modo più alto di configurarla. La testimonianza del cristiano implica dunque necessariamente, in quanto storica, una sua politicità. Nel tempo postcristiano non pare tuttavia più pos– sibile una dimensione politica che abbia come fine la costruzione di una città terrena, di un potere politico ed economico che s'ispiri al Cristo, che permetta all'uomo il contemporaneo perseguimento di fini umani « buoni » e di fini so– vrumani. Questa possibilità è stata consumata dal mondo. Ma questa consu– mazione rivela anche l'imperfezione di quel disegno. La cristianità è stata una tappa necessaria sulla strada della piena libertà del cristiano e dell'uomo (la libertà nella verità, la libertà come qualità divina nell'uomo), perché ha per– messo all'umanità di recepire come Dio venisse concretamente a trasformarlo e a segnare di sè la storia medesima. Una tappa verso un tempo diverso in cui la testimonianza storica del cristiano rappresenti una più perfetta sequela del Cristo. Ora Cristo non accettò la figura di Messia che la tradizione ebraica sem– brava volergli affidare: un Messia che fpsse anche restauratore dello Stato. Cristo sa di essere re, non lo nasconde, ma il suo regno non proviene da que– sto mondo, non si difende con le forze del mondo, non mira alla conquista del potere. Il Cristo non ha mai detto o fatto alcunché che possa intendersi come rivolto a conquistare un potere qualsiasi al fine di garantire con questo mezzo la libertà dell'uomo e la pienezza del cristiano. Si è proclamato re - cioè ha ammesso e proclamato una sua funzione politica, e una politica di guida - solo nel momento in cui ha dovuto sottostare al potere, così che la sua figura e testi– monianza non potessero con questo confondersi. Il suo scopo è un altro: an– nunciare di essere il figlio di Dio e chiamare l'uomo alla medesima dignità, dar– gli la possibilità - contro il mondo che lo mette a morte - di essere portato dentro la divinità, trasformato nella divinità. « Tutte le cose umane vi saranno date in sovrappiù ». Il disegno di Cristo è dunque diverso dallo schema vetero-testamentario, per cui il benessere umano e materiale è segno della benedizione divina. Cristo assicura invece ai discepoli la felicità teandrica, la consolazione del suo Spirito e la persecuzione terrena. Lo schema vetero-testamentario sarà ripreso, contro la Chiesa cattolica, dal protestantesimo e da Calvino in particolare, e porterà alla dissoluzione del trascendente nella cultura moderna. Nella cristianità (me– dievale e moderna) quello schema convive in subordine a quello neo-testamen– tario, nel senso che viene ripristinata la figura del re cristiano, concepito, sul modello di quello israelitico, come figura eristica, non più come annuncio pro– fetico del Cristo venturo, ma come realizzazione della gloria eristica sul mondo: un trasferire una realtà escatologica semplicemente nella storia. Ma la cristia– nità ha sempre avvertito, fin da Gregorio Magno e da Beda, come in questo trasferimento fosse necessaria la mediazione della mistica, dell'unione umano– divina che lo Spirito realizza. bibliotecaginobianco 29

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