Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 2 - aprile 1975

Noi non intendiamo con ciò censurare la D.C., perché ciò è divenuto una sorta di sport nazionale. Vogliamo solo sottolineare che la partecipazione democra– tica non ci ha dato un più alto livello di libertà spirituale e non ci ha reso più capaci di accogliere la vita divina. Non ci ha dato, insomma, più capacità di essere quello a cui i vescovi ci invitano nella prima parte del documento. E ciò non è una critica della democrazia, delle elezioni e della partecipazione; solo noi non crediamo che i demoni che il nostro tempo affronta, si combattano con simili armi. Non è alla partecipazione che i nostri vescovi ci debbono invitare, ma alla conversione; semmai è alla partecipazione alla vita divina, non alla consulta– zione democratica. È a Dio che ci debbono insegnare a ricorrere, offrendo i mezzi che pesano sul cuore di Dio e che si chiamano, in una sola parola, con– versione a Lui. È da Lui che nascono le azioni storiche vivificanti, che hanno per misura la fantasia divina e non la consuetudine umana. I nostri vescovi guardino il peso della teologia politica su tutte le orga– nizzazioni cattoliche ( da C.L. agli scouts), le A cli e il Manifesto, le edizioni de « La Cittadella » o dei dehoniani, e si domandino: se noi indichiamo come mezzo di salvezza la partecipazione e non la preghiera, la democrazia e non la conversione, come potremmo impedire la riduzione della fede alla politica, della carità alla rivoluzione? Noi crediamo che alla democrazia non convenga l'amplesso ecclesiastico, e che ancor meno convenga che i vescovi sottoscrivano documenti che nella loro parte politica possono essere firmati, che so?, da La Malfa, da Saragat, da Malagodi o da Moro. Con il pieno rispetto dei valori che queste persone servono. Ma con la speranza che la libertà che i vescovi in quanto tali debbano difendere, sia qualcosa di più e di diverso dalle « istituzioni democratiche ». G. B. B. bibliotecaginobianco 27

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