Giuseppe Ignazio Montanari - Della vita e degli scritti di Antonio Laghi faentino

2!) non potra~ negare alla traduzione quella forza d'ingegno , che è necessaria a mantenere e a rendere esatt amente le sentenze, l'ordine , le immagini, le veneri, la robusteua dello stile di quell' opero, che si prende a tradurre per modo, che se manca una di queste cose non è più traduzione, ma uno scritto somigliante, non pari ed eguale, che non ha bellezza di lingua, non diletla i dotti , non è utile agli indotti. Non al(rirncnti è di un pollone, il quale perchè metta più alle radici c meglio s'in nalzi al cielo, per dare frutto cd ombra a que' che verranno, tu trapianti d'uno in altro terreno : e badi che il suolo in cui lo poni sia della stessa indole, lieto degli stessi umori di quello in cui era prima : chè se sarà dissomigliante la nuova pionticella tra lignerà, e i pomi perdendo il primi :::? sapore, torneranno in bastardi e selvaggi, se però non andrà tutto in Casca , in rigoglio , in cima. Ma tai pregi chi ebbe mai a desiderare nel Laghi? Non inventò, non scrisse con eleganza e tale ornamento che parve ad essi non mancare n è invenzione , nè nobilta, nè dottrina, nè erudizione alcuna. Altre cose egli scrisse , che per modestia tenne rinchiuse n ello seri• gno e che giova sperare saranno fatte una volla di pubblica ragione. Del resto non è molta accortezza nè bastante prudenza traslatando d'una in altra l ingua lo strettamente andar dietro e rendere parola a parola, cos\ com'è nell' autografo. Infatti quella stu- <liata consonanza di ligure, di vocaboli , di siostassi sia ebraica sia greca male risuonerebbe nelle oreccilie latine 1 cd uscirebbe in uno stile cui la lingua latina non comporta. Questa innetta e quasi direi schiava maniera di tradurre inasprì gli animi dei dotti contro il Salviui, a modo che ancora se ne dispetta il nome e si turba il riposo del suo sepolcro : quantunque ee <Jncsto solo dilfctto gli toglierai , pochi potranno ve•

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