Giuseppe Ignazio Montanari - Della vita e degli scritti di Antonio Laghi faentino

13 to alla greca stessa sua madre e maesl ra : quella che fu e sarà sempre vincolo comune di tutte le genti , c il mezzo più sicuro per crescere e dilatare le lettere, le arti , e le discipline. Le quali cose iutorno la lingua latina mentre tocco di volo , non vi sia chi meco se la prenda , e creda che io abbia mosso guerra alla patria favella , ed abbia in dispregio gl i scr ittori italiani, i quali soltanto possono essere teuuli a vile da coloro , che IlOti ne sentono la dolcezza e la facondia. E chi v'ha che svolgendo gli scritti de' sommi uomini, i quali diedero vita e fama a questa nobilissima lingua, tanto che contro l ei lunghissimo volgere di secoli non basterà , non si senta l'animo pieno di di letto c di dolcezza ? E chi non goderà al leggere le opere modemc , le quali coll' esempio, colla diligeuza, e colla forza loro depressi e battuti coloro che a novita studiavano, c con scel - l eranu inaudita tentavano corrompere il nativo linguaggio , l'hanno oramai condotta a tanto di onore e di dignità, che pare che l'Italia sia per rinoovellarc il van to antico e la gloria toscana ? Sebbene chi prenderà mai a lodar dcgnameùle la lingua italiana , che più non dia nelle lodi della latina sua madre ? Chi si farà ad esporre con efficacia in lingua italiana i sent imenti dell'animo suo, se a fondo non conosca la latina , uè sappia gli ornamenti dovuti alla madre , e da qaelli intenda di quali si convenga principalmente adornare la figliuola? l uvcro io non dubi to punto a[ermare che niuno ebbe fin qui grado di scrittore italiano , che non Cosse amatore e conoscitore delle lettere latine. Io mi appello agli stessi a utori e padri dell' italico idiom~ : all' Alighieri , al Petrarca , al Molza , e a molti altri, che la fa· velia coltivarono , illus trarono c accrebbero : c chiamo pur a testimonio quelli, che cantarono iu aurei versi

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