Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 62 - lavoranti, ma deve faticare quanto loro, se non di più, incalzato com'è dalle cambiali; egli non deve attendere miglioramento alcuno, e può dirsi fortunato se riesce a mantenersi nel suo relativo benessere ed evitare il fallimento. I grossi guadagni, le grosse fortune, la vita sfarzosa, sono cose riservate ai grandi proprietari, ai grandi azionisti, ai grandi industriali, ai grandi speculatori che non lavorano essi ma occupano operai a centinaia. Ciò che prova che il capitale è bensi lavoro accumulato ma lavoro di molti accumulato nelle mani d'un solo. D'altronde, la ri1iglior prova dell'esistenza d'un viìio fondamentale nell'organizzazione sociale, si è che l' uso d' utensili meccanici, che è un progresso dovuto a tutte le cognizioni acquisite, trasmesse di generazione in generazione - e che per conseguenza dovrebbe tornare a benefizio di tutti gli esseri umani, rendendo loro l'esistenza più facile e più comoda, per il fatto che aumenta la loro forza di produzione e loro di il mezzo di produrre molto di più, pure lavorando meno, - non apporta loro invece che un sopra più di miseria e di privazioni. I capitalisti sono i soli a ritrarre vantaggio dalle invenzioni meccaniche, che permettono loro di ridurre il personale; con l'aiuto della concorrenza fra il personale disoccupato e quello occupato, ne profittano per diminuire il salario di quest'ultimo; e così la miseria spinge i disoccuppati ad accettare il salario che vien loro offerto, ancorchè questo fosse inferiore al necessario a la loro B 111.. _.J __,inoi3i: "C

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