Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 192 - buona volontà, e non chiedono di meglio che tender la mano a quanti hanno qualche cosa di nuovo da proporre. Essi si contentano di coordinare gli sforzi, di sintetizzare le aspirazioni, in modo che gli individui possano leggere nella propria volonta. Sarebbe impossibile infine, agli anarchici di essere pacifici, anche se lo volessero; dalla stessa forza delle cose sarebbero spinti all'azione. Come sopportare, ad esempio, gli arbitrii d' un poliziotto quando si sa che ufficio ignobile esso compie? come subire le insolenze d'un leguleio, quando la ragione l'ha spogliato dell' aureola sacra di cui è rivestito ? come rispettare il ricco crapulone che nuota nel lusso, quando si sa che questo lusso è fatto della miseria di centinaia di famiglie? Può mai un anarchico consentire di buon grado ad andare nelle caserme, a servire di trastullo ai guardaciurma dei suoi sfruttatori, quando si è convinto che l' idea di patria non è che un pretesto, e che il vero ufficio a cui sarà destinato è di sgozzare i suoi fratelli di miseria? · Visto che la miseria è il risultato della cattiva organizzazione sociale, che alcuni muoiono di fame solo perchè altri gavazzano e ammassano denaro sulle fatiche dei primi, non è possibile contentarsi di morire a un angolo di strada. L' istante prima o poi arriva in cui, per quanto pacifico uno sia, alla forza si risponde con la forza, allo sfruttamento con la ribellione. Bisogna che quelli che vorrebbero veder la societa trasformarsi senza scosse1 si rasse~niuo; òò è imposB l Gi1 o B1a o

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