Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 184 - altrettanto violenta dell'attacco, e di fare indietreg" giare o arrestare il progresso di parecchi secoli ». Questo linguaggio, tenuto da uomini di buona fede, che discutono col solo desiderio di vedere chiaramente le cose, è giustificato da un'apparenza di verità che merita la pena d'esser discussa. Certo tutto, in natura, si trasforma per lenta evoluzione, per una serie ininterrotta di progressi acquisiti a poco a poco, impercettibili a guardarli nella loro evoluzione, e che si scorgono manifestamente solo se si passa d'un tratto da un periodo ali' altro. Cosi progredisce la vita sul nostro pianeta, cosi l'uomo è uscito dall'lnimalità, cosi è avvenuto che il cittadino del secolo ventesimo non rassomigli più al selvaggio dell'età della pietra. Ma si dimentica una cosa, ed è che, perchè questa evoluzione avvenga senza scosse, bisogna che non incontri alcun ostacolo sulla sua strada; altrimenti, se l'impulso acquisito è più forte degli ostacoli, li spezza, se più debole abortisce. Ogni volta che v'è urto fra uno stato di cose ed un progresso, v' è rivoluzione; sia questo urto l' inabissarsi d'un continente o la scomparsa d'una molecola, (l'intensità della cosa non le toglie o modifica il suo carattere), è sempre una rivoluzione. Cosi, è ammesso da tutti oggi che le grandi rivoluzioni geologiche, lungi dall'essere state provocate da convulsioni fuori del naturale e da b_ruschi cangiamenti per eruzioni violente dall'interno del globo, sono invece il prodotto di cause lente e di mutaliote a lllrJlJ° t.Wttfcettibili che hanno agito durante migliaia

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