Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

IL GENIO DI PIO IX. 85 riserbo soverchio, qualche troppo ombrosa sospizione, qualche tenacità alquanto esagerata. 1\ta ad ogni modo, essendo i lati onesti di quei concetti cosi confusi e quasi indistinti coi loro contrari, non era grande iattura per gli Stati della Chiesa l'essere restati privi di qualche bene civile, quan· do della privazione avevano largo compenso nell' esser franchi di quei danni, che l'abuso enorme di quei concetti stessi aveva cagionato quasi per tutto. Sì che paragonando Roma con qualunque altra metropoli di Europa, vi avreste ta·ovato perdite e compensi dall'una parte e dall'altra, da poterne portare un giudizio complessivo quasi uguale pel lato civile. Per ragion di esempio il tanto fiorire delle arti belle in Roma, il tanto afftuirvi di stranieri non la compensava abbastanza di qualche languore neHe industrie e nel commercio? Nondimeno questo contegno dei Pontefici giustificato dalle ragioni e dai fatti , fu tollo a pretesto di un aggressione di tre secoli dalla eterodossia italiana; la quale in opera di odio al cattolicismo non la cede all'anglicana ed all' alemànna; se non forse l'avanza, perchè compressa, delusa, impotente cova e ruguma dispettosa le sue ire, e smania di non potere combattere che sotto la maschera della impostura. La eterodossia italiana adunque da quel contegno dei Pontefici tolse il destro di tradut're il Ponteficato come essenzialmente stazionario, ostile ad ogni miglioramento,

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==