Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

54 Dl\ITTO E CONVENIENZA lità cittadina e nella imparziale amministrazione della g·iustizia, si t•·ovavano innanzi a più d'una. Vero è che la soverchia lentezza nella spedizion deg-li affari, la minuziosa e quasi dissi bambinesca dipendenza dalle Camere auliche di Vienna, e sopratutto la fusione finanziera delle varie parti • dell'Impero, per la quale la italiana di tutte più ricca vi dovea rimettere , è vero replico , che questi erano motivi di qualche scontento e di non ing-iuste que1·ele. Ma quale uomo d'intelletto avria detto per questo oppressa e tirannegg-iata l'Italia poco meno di quel che fosse la Grecia dal Turco , o il sia la Polonia dal Russo, o la Irlanda dalla Ing-hilterra? lasciate che la democrazia prenda piede, e poi intenderete che sia essere tirannetmiato ed oppresso ! Ma anche fin d' ot·a si è potuto tog-lierne qualche sagg-io. Senza che in tirannide può deg-enerare anche un Governo nazionale; che se l' autonomia fosse diritto e dovere imprescrittibile, ad og-ni nazione correrebbe il debito di ripulsare una dominazione strnniera per quanto voglia supporsi moderata e patema. Nondimeno io credo che Milano, per e':' sempio, vorrebbe pensar due volte innanzi di cambiare la tedeschissima casa d' Austsia coi lombardissimi Visconti. Vi sarebbe sì stato un motivo da forse onestare un .movimento ostile, il quale avrebbe avuto pieno appog·g-io nel Pontefice, nell'Episcopato e 11el sentimento religioso dei popoli. Ma quel mo-

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