Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DELL'AUTONOMIA ITALIANA 49 riose ugualmente della presunta vittoria e della toccata sconfitta; se pur non vi piaccia contarvi le nuove Pentesilee e i preti e i fr ati col fucile ad armacollo, i quali ent•·avano come spes ultima Teucrum. Saria stato niente altro che una farsa e una commedia, se non ci avesse avuto un po' di regolar soldatesca che, sacrificandosi al dovere della militar disciplina, dava prove di un valore degno non dirò di causa più bella ; ma certo di titolo meno ingiusto. Ma a quell'esercito stesso si togliea l'animo sfiduciandolo del successo. Tutt o quel tempo fu parlato del procurare al Piemonte -qualche Generale di fuori; il che era un professare che non si aveva di dentro. Nondimeno si andava, e dico meglio, si spingeva, perchè l' Italia, nazione principe in tutto, dovea dar l' esempio di provocare una guerra, e quella g·uerra, colla convinzione di non avere un duce sperimentato e capace, quasi questo fosse stalo un soprappiit e un accessorio. E tutto questo sembra più del bisogno per coprirci d'ignominia, e per inaridirci o almeno per allungarci, chi sa per quanto, una onesta e quasi comune speranza. M a ci ha di più : così infelice riuscita di un improvvido ardimento ha avuto luogo in un tempo in cui P Impero austriaco subiva una intema convulsione, da far credere che cadrebbe sfasciato ad ora ad ora, e che avrebbe fatto supporre men difficile la nostra vittoria. Certo quel colosso di membra eterogenee e forse anco-

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