Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

48 DRITTO R CONVENIENZA Cacciatici ad occhi bendati in una via rischiosa, tumu1tuaria e suiJa quale non potevamo ~ssere scorti da veruno coscienzioso e sincero convincimento, riuscì ad egsere tentativo di un partito ciò che appcua potea esser possibile a tutta intera la nazione; e le nostre vcruogne furono al sommo, quando alla inuiustizia delle pretensioni, alla sconsigliatezza dell' impresa ' 'ennero ad aggiungersi le infamie dei mezzi adoperati per assicurarne il successo. Si mentirono torti, si esagerarono ingiurie , si inventaron vittorie: i procaci insulti, le villanie plebee onde si offese la inviolahilità degli agenti diplomatici austriaci, e fino le dimore e le persone d'innocui tedeschi che abitava n l'Italia, sono eccessi da alTossirne non dirò un animo costumato, ma un paese selvag·gio. Frattanto si costringevano i Principi che, venutivi a malincorpo, o se ne ritraevano come prima ne avevano il destro, o pur restando vi ponevano ogni studio a temporeggiare per almeno risparmiare il sangue. Nè si potea contare sul concorso spontaneo dei popoli, in quanto i popoli non eccitati dalla tirannide austriaca che non ha realtà, non aveano altro eccitamento, che la pecunia dei ricchi ; sì che, questa venuta meno , il popolo è rientra to ne!le antiche sue abitudini, presto a gridare V'iva il Tedesco se questi ha l'arte di farlo star più contento. Talmente che tutto il nerbo di quella campagna doveano essere le falangi patriottiche cd universitarie, che partivano e tornavano glo·

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