Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DBLL' AUTONOMIA. ITALIANA 45 questo , che a soddisfare una convenienza non si volge ad oneste arti come il primo, ma vi adopera la forza quasi ne avesse il diritto come il secondo. Nè altrimenti che come una convenienza di suprema importanza la guardat·ono e ne scrissero tutti colot·o che toccarono codesto punto da politici e da filosofi, non da demagoghi e da poeti. Le speranze d) Italia, che furono la prima scintilla di questo incendio, non sognavano o certo si peritarono di proporre le ribellioni a mano armata e le guerre. Tutti insomma i savi ed onesti uomini intendevano la ragionevolezza, la utilità, l' importanza di quel voto; ma non uscivano dai limiti delle trattative, dei compensi, deJle rirnostranze, delle eventualità politiche da attendersi con longanirne pazienza; di tulti quei mezzi in una parola onde un popolo può e deve provvedere alla sua independenza ed al suo decoro, senza ledere i diritti di veruno; nel che riconosciamo noi la verace servitù e la suprema vergogna. Nè altro volea indicare il nono Pio, il quale avendo significato nella maniera più espressiva il sincero suo desiderio di vedere affrancata l'Italia , si ricusava all'ora stessa in una maniera niente men chiara alla guerra , in quanto vi avrebbe veduto compromessa la giustizia e la coscienza. Che se i principii della g-iustizia sono gli stessi per tutti i tempi e per tutti i luoghi, noi non bastiamo ad intendere come siasi potuto trovare giusto a Torino

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