Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

E LA COSTITUENTE 37 do ope1·a da sè sola, non serbò quell'estremo rimedio delle mosse popolari che ai casi estremi. Ora la ripartizione della Penisola in vari Stati non incomoda il popolo come il dazio imposto sulle frulla dal duca d' Arcos viccrè spagnuolo, che con quella scintilla appiccò l'incendio ad una materia già disposta, e che trovò un capo insperato in Masaniello. L'unità italiana lascerebbe il popolo propriamente detto nella sua condizione presente; ed a questo patto esso, se non è tradito, non vot·- rà cimentarsi innanzi al cannone o avventurarsi ai rischi ed alle conseguenze di una rivolta. L'unità italiana non ci agg·iungerehbe che una dignità nazionale ed una preponderanza politica nelle bilance di Europa: vantag·gi a vero dire non isprez· zabili; ma che presso tutti i popoli furono la conseguenza natut·a]e di avvenimenti i quali ebbero diverso scopo. Non troverete per avventura nella storia che la unità nazionale fosse voluta e procurata direttamente da un popolo, appunto per questo che essa poco o nulla agg·iung-e al ben essere morale e materiale del popolo stesso. Se in un momento di delirio e di fanatismo la gridarono per le conlt·ade, a sangue freddo non istenderebbero un dito per procurarla, soprattutto se intendessero che i più spasimati dell'unità appena mirano ad altro che a sortire nel rimescolamento universale il destro di farsi o ricchi o potenti, e nella grandezza dello Stato costituito apparecchiare un più ampio teatro alle proprie ambizioni.

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