Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DI REPRESSIONE 139 materiale, ed è uopo che quella vita precaria venga una volta alla morte. J\Ia fin che non si giunga a quell'estremo, si vive come si può il meglio; e la forza materiale che dev'essere il suo flagello, può solo e dee servire temporaneamente alla sua conservazione. In queste condizioni la demagogia non potendo ottenere che si annullassero quei mezzi coattivi, dai quali essa avrebbe saputo trarre miclior partito, si volse a pretendere che non si dovessero adopel'are; e lo pretese a nome della carità c della fratellanza, colle ipocrite adulazioni della clemenza e colle diat.-ibe furiose contro qualunque uso di repressione. Con questi mezzi riusrì ad ottenere da qualche governo una tacita o espressa professione che non si dovrebbe usar la forza, quasi una promessa che non si sarebbe usata. Non ci volle altro che questo, perchè i mezzi coattivi già preparati perdessero ogni morale imponenza, e perchè si venislìe alla estrema necessità di doverli usare dav.. vero per loro restituirla. Il vero mezzo che abbia un Governo per non usare la forza è la ferma l'isolutezza nel professarsi parato ad usarla. Solo così potete sperare che la minorità rivoltosa dietreggi innanzi al dono che sicuramente l'attende. Ma detto una volta ehe i fa·atelli uon faran violenza ai frateJii, le vostl'e bombe e le vostre baionette non avranno maggior costrutto che le bolle di sapone, o le canne onde si baloccano i fanciulli. Per rendere a quelle armi il ere-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==