Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

132 DRITTO B DOVERB compensarli di tutte le calunnie ed invettiva scagliate dalla demagogia disperata. Se la Italia non ebbe l'onta che il Pontefice dovesse cercare asilo in terra forestiera, lo deve all'ordine civile serbato in Napoli. Quell'ospite illustre , invidiato a Gaeta . dal mondo tutto, al cuore ferito dalla sconof.cenza dei suoi soegetti avrà 'trovato, ne siam certi, un balsamo nella riverenza illimitata .e nelle sollicitudini amorevoli, onde Principe e popolo seppero circondarlo. No! non fù Roma che fè grandi i Pontefici! furono i Pontefici che ogni grandezza diedero a Roma. Tramontatone l'astro del Vaticano, noi sui selle colli non veggiamo che tenebre; la &ià reina del mondo è una spelonca di ladri, presto sarà una cloaca di sozzure, faccia Dio, che non divenga un lago di sangue! L'astro del Vaticano ha dorato dei suoi splendori una piccola terricciuob che non è più la minima della città; in lei son conversi Bli occhi desiosi di tutta la terra; ed essa è il centro, e la metropoli della più vasta famiglia, della sola santa tra quante mai se ne assembrarono sotto le stelle. Che se alle armi napoletane fia dato di rimettere il nono Pio accanto aJla tomba degli Apostoli , ne avranno premio la riconoscenza della cattolicità tutta quanta; anzi più della Italia stessa, a cui sarà l'opera scellerata e sacrilega men vea·gognosa, se io se medesima, in uno suo popolo , in un suo Principe saprà trovare vigor bastante a disfarla. Con sotto gli occhi somiglianti fatti sarebbe

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