Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DI REPRESSIONE 131 il cervello dai fuorusciti reduci e dai comunisti francesi, strillavano da energumeni pet• le contrade. Ma meglio si ~·edrà nella conclusioue : quando o l'esercito baleni , o il partito sia in grado di non temerlo, la democrazia pura è apparecchiata; e Carlo Alberto avrà a gran mercè tornarsi alla condizione di Duca tl·a i gioghi pittoreschi della Savoia. Quello che il Pontefice non potè, che il Carignano non seppe o non volle, potè, seppe e volle farlo il Borbone. E con ciò solo salvò a sè i suoi diritti cd il suo decoro ; ma che più monta, salvò il suo paese dai danni e dalle vergogne dell' anarchia o della demagogia, con una fortunata eccezione, che formerà la pagina più bella dalla storia napo· litana. Se nella Penisola ci ha Stato dove il sistema rappresentativo dà speranza di allignare, è appunto Napoli. E allignerà e darà i suoi frulli se gli onesti, che son quasi tutti , deposti i sospetti e le ombre , si risolvano a stender la mano alla cosa pubblica nell' uso del suffragio per le elezioni ; se il Govemo vonà deporre quelle incertezze, che tuttavia ne rendono meno efficace l'azione e saprà più e meglio giovarsi delle vie morali. Le mezze misure che stanno da qualche secolo sconvolgendo il mondo, potrebbero far portare a Napoli tutta la odiosità di avet· voluto reprimere, senza cogliere il frutto di averlo fallo. Per ora al buon senso di quel paese ed alla lealtà e religione non ipocrita di quel Principe, la Provvidenza apparecchiava un premio, che può ben

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