Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DI REPR'ESSl01'4E 123 genza essenziale della Società; è un pl·ovvedimento •·eclamato dal suffragio universale; e dico ancora è un dit·itto che ha la Società stessa verso il Governo, e che non le può essere rifiutato senza supr·ema ingiustizia . D' altra parte qualunque depositario del potel'e , essendo costituito per la salute pubblica- , ha per precipuo dovere assicm·are la Società da quel danno; e ricusandosi di farlo meriterà la nota or d'imbecille, or di traditore , ma sempre d' ingiusto. Nello scompiglio generale delle idee, in che ci ha gettato l'anarchia intellettuale che ha apparecchiata la civile, quel concetto sì semplice, si naturale sul diritto e sul dovere della repressione è stato dimentico, discreduto, falsato, travolto spesso nel suo contrario. Coniata una nuova no~ menclatura tutta all'uopo di chi dovea trarne profitto, si è chiamato clemenza l'abbandonare un popolo ai palpiti, alle vergogne, alle sventure dell' anarchia; ed al rispetto per la libertà individuale di un pugno di oppressori, si sono immolati gl'interessi, la pace, l'onore e ·parte ancora la vita dci milioni di oppt·essi. Un Principe per converso cui impose la coscienza e bastò il braccio a reprimere la demagogia, assicurando nella tranquillità e nell ' oa·dine la prosparità civile del suo popolo, fu messo in voce di despota, di tiranno, di Nerone, di Cal;gola, e non so che altri nomi devoti all' anatema. Pubblici uffiziali e soldati) che fedeli ai lol'O giuri lasciavan la vita in adempimen-

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