Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

E tA MINORJTÀ. ttt e dominar·e le e tutli i tuoi a bacchetta. Couvien dunque fare a tutti i modi che si ritirino: in caso contrario l'essere affrancati da un mal sopportabile ce ne frutterebb0 un maggiore a cento tanti e insopportabile: avrem certo poco a •·alleg-rarci di essere guizzati dalla padella, quando ciò fosse stato per precipitar nelle br·age. L'aver voluto schivare pr·opriarnente questo, l' esser·ci per· fortuna riuscito, è ciò che sta salvando novellarnenle la Francia: è ciò che ha costituito la repubblica del 48 tanto diversa da quella del 93. Fù certo una minorità piccolissima che nel 24 febbraio rinversò la monarchia, e nel 25 impose a 35 milioni di Francesi la repubblica: la Francia propriamente delta ne ftl semplice spettatrJ.ce, e non vi diede altro assenso che il non opporsi. La minorità trionfante si fè paùt·ona del Governo secondo il solito, e intuonava il Vm victis colle vessazioni, colle proscrizioni, colle violenze preludenti al tel'l'ore. Fù quello il punto in cui la maggior·anza si riscosse, e levando la testa annunziò a quei signori, che se essi aveano viuto g·li OrJeanesi, non si pensassero di aver vinta la nazione. Questa avrebbe guadagnato poco se a Luigi Filippo od al Guizot succedesse Ledru-RoJJin coi suoi fnror·i demagogici, o Lamartine, camaleonte che per vestirsi di tutti i colori è riuscito a non averne nessuno: si ritit·assero adunque. I sei milioni di suffrag·i dati a un presidente non voluto dai fac itori de1Ja repuhhlica": un Ministero leale, cristiano

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==