Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

E LA. MINO!HTÀ 109 cessavano, incarceravano e mandavano iu esilio voi e i vostri pari a questcsso titolo, che le vo. stre idee politiche non si affacevano col ben comune. Se ci ha differenza, è questa sola, che essi comprimevano in voi una minoritit, in cui non riconoscevano verun diritto; voi opprimete una maggioranza, della quale voi medesimi avete riconosciuto e proclamato il supremo diritto, e che è il solo puntello delle vostre pretensioni. Le rivoluzioni, benchè talora volute dalle cir· costanze e maturate dal tempo, si consumano quasi sempre dai tl'isti e per intendimento di }Wivate am· bizioni o cupidig·ie. Chi consideri le dubbiezze che debbono sorg·ere in una retta coscienza sulla JetjÌLtimità di sommig·lianti conati, i rischi gravissimi che gli accompagnano, le conseguenze ruinose che ue possono derivare in danno della Società medesima che si vuoi ristorar per quel mezzo violento, non si stupirà al vedere che appena mai i dabbene uomini ne prendono la iniziativa. Compiutesi pertanto dai tristi le rivoluzioni, è naturalissimo che essi si arroghino ~m diritto come di conquista sul novello stato di cose, ne vog·liano essere come padroni, averne quasi la privativa, coglierne i primi frutti, e quello tra i precipui di fat'sene sgabello al proprio ingrandimento, volerlosi ampliare al possibile ed assicurare. Eccoli pet·tanlo a fare l'apoteosi de1lo Stato come prima poleron dire= lo Stato siamo noi; a multiplicar senza fine Jce·gi sopra leggi a distruzione di tutte li-

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