Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

E LA 'MINORITÀ. 105 c i ha fatto vedere trentamila dimostranti dove non erau che trenta, ci sarem potuto riavere tanto da llo ssomento da intendere che uno non è sette, c che tre non sono quaranta. Non credo che altrove o in altro tempo siasi fatto tanto abuso della parola popolo, quanto se u' è fatto novellamente tra noi ; ma non è a stupirne. Dipendendo quell'abuso dalla indoleuza del vero popolo e dalla sfrontatezza svers og·nata del preteso popolo, noi per l'uno e per l'altro capo ci siam trovati ad un estremo, che nessun paese civile ci saprà invidial'e. Ma se per la nequizia è gasligo il non trovat·e ostacolo nel suo cammino, la indolenza puniva la sfrontatezza facendole di - vorare tutta intera la serie sempre crescente delle sue follie, ed era punita da quella col e·iogo vergognoso a cui si sommetteva. E si consideri nelle pretensioni dei Ministeri di una democrazia crescente in proporzioni spaventose; pretensioni che iniziate nei circoli popolari, erompeano nella piazza ., dove prendendo il carattere di volo popolare, a ve vano la sicurezza della sanzione nella supposta impossibilità di mantenere un niego. Quindi quella sequenza di Ministeri di settimane e di giorni, quando ogni avvocatuzzo linguacciuto, og·ni giornalista impt'onto fece opera di gustare alquante ore di eccellenz a , e veuutoci restava intontito dal salto , appena avea tempo di sconciar qual cosa , e tosto per nuove voci sopravvenute cedeva il posto ad altri , che 8

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