Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

1()4 LA !IIAGGIORANZA ond' è vittima . Sia che le manchi 1' animo da riscuotersene! le mancherebbe per avventura perfi· no il senso da addolorarsene? Che si è dunque detto , che si é pt·eteso? Che nel popolo e non altrove, che nel popolo risegg·a il diritto supremo di governaa·si. Accetto di tutta la mia volontà il principio coll a indispensabile re· strizione accennala di sopra; ma all ora sarà egli altro che tirannide il calpestare quel dir itto ? l'imporre qualunque ordi namento sociale senza il volere, anzi espressamente co ntro il vol ere del popolo, cioè , come sol 1mossi, della maegiot· sua parte? Che a consumare que ll 'allentalo si a uno o sian dieci , che sian cento o mille : che si chi ami.. no Nerone o Arrigo , Catilina o Ste rbiui , Robespierre o Gioberti, Marat o Gue rrazzi ,.questi sono accidenti che non alterano la sustanza del fatlo : e )a sustanza del fatto dimot·a in questo, che la minorità non può imporre i suo i vole r i alla mag·gioranza senza un' enorme ina iustizi a , che pel ço rpo sociale contw cui si consuma non dee appellarsi altrimenti che tirannide. Supposto che l ~ ma ssima è incontrastabile, st avrebbe l'impudenza di richi amare in dubbio il fatto? Lascio sol dubbioso che nella domanda di alcune r iforme amministrative e civili convenisse ro i desidel'ii dei più. l\la queste ottenute, per lullo il resto la fa ccendà si è ridotta a ispezione oculare e a suppulazioni numeriche. Che se la paura

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