Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

2 LIBERT1 1 de i suoi lumi i l Governo ; che i poteri concentrali nel Principe fossero ripartiti, equilibrati con effi. caci contt·appesi ; i diritti del Sovrano e del popolo definiti, riconosciuti, assicurati di scambievoli g"Uarentigie ; che lasciata allo Stato l'unità governativa che ne fa la forza , si concedessero le possibili larg·hezze amministrative ali~ provincie ed al comune. Questi voti onesti e ragionevoli si spensero altra volta in conati o improvidi o troppo precoci ; ma espressi, eg·li è oltre a un anno, con moderazione e dignità da molti buoni, con prote rvia ed impudenza da pochi tristi sortirono un effetto che non si saria neppur sognato. I Principi italiani diedero Costituzioni forse più larghe che non si chiedea; e le diedero o perchè credettero di non dovere, o perchè sentirono di non poter opporsi a una tendenza, la quale nelle nuove dimensioni che avea prese ispirava qualche fiducia che la nazione vi fosse oggimai matura. Primo a darla fu il Principe che sariasi creduto esserne più lontano , che avria potuto tener saldo più lungamente, ed a cui la realtà della universale tendenza si presentava più incerta che a qualunque altro. E la diede con franchezza e con lealtà g·iustificate pienamente dai successi. La lotta antica tra l'assolutismo de' Principi e la libertà dei popoli parve così aver avuto fine t ra noi. Fu bello, fu glorioso per la Penisola esser data una nuova vita senza quelle tempestose angosce , senza quelle agonie sociali che sogliono /

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