Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

vero confronto di indirizzi e di ragioni politiche, allargato all'analisi delle novità che la guerra imperialista e la rivoluzione russa avevano apportato nel socialismo. D'altronde, che questo confronto non potesse aver luogo e che il processo al Turati fosse paradossale è testimoniato dal fatto che il documento politico piu importante del PSI nel 1918 (firmato anche dal GPS, dalla CGdL e dalla Lega dei Comuni socia- · listi) fosse stato redatto dal Turati stesso in data 7 marzo, secondo la tradizione che voleva ormai il leader riformista olograf <? ufficiale del partito. Prigionie, esili e defezioni, stato di guerra, censura, falcidia degli iscritti (24.000 circa, rispetto ai 58.326 del 1914) diedero al congresso di Roma (1-5 settembre 1918) caratteri di eccezionalità. Il fatto che, nonostante tutto, il partito si presentasse unito « sotto la bandiera c;lell'Internazionale di classe » fu salutato dal Bacci, in nome della Direzione, come una vittoria. Unificati i punti 2, 3 e 4 dell'o.d.g., lo stesso Bacci illustrò in luogo del Lazzari la relazione politica. Dopo un riepilogo degli avvenimenti posteriori al 1914, egli venne a trattare dei rapporti col GPS, col quale la Direzione « si trovò ad un pelo di [sic] rompere l'unità [ ... ] in questi anni di guerra ». Il Bacci disse però che col GPS la Direzione era stata « sempre d'accordo fino agli ultimi avvenimenti», e continuò in termini tali da lasciar capire che l'inizio del dissidio andava collocato alla dichiarazione del 16 giugno del Turati. Un colpo di spugna era cosi passato sopra tutti gli episodi precedenti e soprattutto sopra la linea organicamente portata avanti · dai turatiani a partire dall'entrata in guerra dell'Italia. Anche nel discorso del Prampolini dopo Caporetto, c'era stata, secondo l'oratore, una ~< vibrazione socialista » che aveva fatto superare qualche motivo di insoddisfazione. Ma nell'intervento del Turati, tra la « premessa socialista » e le « conclusioni antiguerresche » vi erano state affermazioni inaccettabili, come quella che il Parlamento era « l'interprete del paese ». Il successivo appoggio formale dell'intero GPS al Turati aveva aggravato il dissidio, poi precipitato sulla questione della« Commissionissima ». La prevalenza del punto di vista della Direzione era stato però su questo punto « una dimostrazione di grande forza del Partito »: alla disciplina il solo Turati si era sottratto. Il Bacci concludeva rimettendo la condotta della Direzione « nelle mani del Congresso». Dopo un discorso cosi chiaramente limitativo dei dissensi interni, privo di qualsiasi indicazione politica e totalmente ristretto ai riflessi XL BibHotecaGino Bianco

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