Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

nazionali della guerra, ebbe buon gioco il Modigliani - che fu attivis- . s_imoin tutte le fasi del congresso - . nel rivendicare l'attività dei deputati, i quali nella situazione creata dalla guerra erano « condannati all'azione, a tutta l'azione, in sostituzione, si può dire, di tutti gli altri organi », e nel ribadire che la Camera rappresentava. legittimamente il paese e che era stata giusta la ostinata difesa delle prerogative parlamentari », le quali anche· per il Lazzari - « vecchio socialista, legalitario della vecchia scuola » - avevano rappresentato una « fissa- ·zione ». Piu correttamente del Bacci, e sfidando la maggioranza sul problema della difesa nazionale (come poi fece anche il Turati), l'oratore mise in luce la novità della situazione dopo Caporetto, e come fosse detto « molto esplicitamente» nell'intervento del Prampolini <<" che fa parte della dottrina socialista la difesa nazionale e l'iridipendenza dei popoli». Del resto, se la Direzione era sempre d'accordo sulla deliberazione 'di Basilea del 1912, perché non aveva osato il sabotaggio della guerra proprio nelle circostanze piu favorevoli? Perché - aggiungerà il Turati - essa « non volle [ ... J fare la rivolta », « neanche [ ... J tentò di dare alle rivolte che avvenivano un'impronta propria del Partito? » Il Modigliani prendeva poi la controffensiva, accusando la Direzione di avere nel corso del '17, via via che si era sviluppata la pressione dell'ala sinistra, « cessato di essere la rappresentanza unitaria del Partito » e di aver condotto un'azione frazionistica; ma al di sopra degli errori occasionali proponeva un plauso parallelo sia alla Direzione che al Gruppo. Chi volle per primo sollevarsi al di sopra delle minute questioni interne, spesso sconfinanti nel pettegolezzo, fu il Graziadei. Ma la prima parte del suo lunghissimo discorso ebbe il tono di una conferenza che era estranea allo spirito d'un congresso di militanti e che fu ripetutamente interrotta e sottoposta a pungenti sarcasmi. Sotto l'aspetto di uno spietato realismo il Graziadei in realtà escludeva una azione contro la guerra e criticava la Direzione per il suo filo-massimalismo. Le concezioni della « interdipendenza dei fenomeni internazionali», del loro svolgimento non casuale ma organico rispetto alle strutture, e della rivoluzione come fatto di forza militarmente organizzata avrebbero portato il revisionista italiano ad un accostamento alla Russia e al leninismo: ma nel 1918 egli è ancora lontano da questo paradossale approdo e il suo accento cade sulle necessità di evitare le opposte illusioni dell'appoggio a fazioni pacifiste borghesi e del « sabotamento » rivoluzionario effettuato su scala nazionale. Manca insomma anche nel criticismo esasperato del Graziadei, tutto rivolto a tracciarsi XLI Biblioteca•GinoBianco

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