Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

« Credo opportuno ricordare che lo sciopero generale non può mutarsi insurrezione, quando primi a patire nostra azione siamo noi stessi per mancanza di intesa, di mezzi, di strumenti di lotta, di notizie reciproche. Provvediamo opera concorde di mezzi effettiva intesa nostra azione definitiva comune» 10• Risulta chiara dal documento non solo - seppure a sciopero concluso - la critica alla lentezza organizzatrice della CGL, ma traspare altresi nella parte finale di esso, l'appello ad una « azione definitiva comune » che, rispetto a quanto già stava accadendo, non poteva non interpretarsi secondo piu chiare prospettive rivoluzionarie. Eppure, anche se tali furono le sue intime aspirazioni, tuttavia al cospetto delle masse già in lotta, di fronte alla esigenza di indicare subito una conquista concreta, egli venne sempre preso dall'eccessivo timore di gettare ·1emasse allo sbaraglio. La sua posizione, che nella. lettera a Lenin del 28 dicembre 1919 sintetizzerà nella formula « né colpi di mano né soverchie lentezze » 11 , è fin d'ora in gestazione. Ed è davvero sconcertante il fatto che il mattino del 10 giugno Serrati - pur dopo il suo invito del giorno prima a « restare fuori dagli stabilimenti fino a tanto che lo riterrà opportuno la CGL >>, cessasse, primo in Italia, lo sciopero di propria iniziativa, prima ancora dello stesso Rigola 12 • Quando, dal 16 al 17 giugno, si riuni a Genova il Consiglio Nazionale della CGL per discutere sugli avvenimenti della settimana rossa, Serrati rivelò ancor piu la sua drammatica posizione. Propugnatore fin d'allora del verbo rivoluzionario, si mostrò, in pari tempo, egualmente incapace di non comprenderà tutto il valore della formulazione gramsciana del « Consiglio di fabbrica», ora, non riusciva ad accogliere l'unica nota efficiente (anche se dettata da eclettismo rivoluzionario e civetteria oltranzista) che traspariva dalla posizione di Mussolini, laddove questi invitava il partito a non « inseguire il falso miraggio delle riforme parziali che oggi eufemisticamente si chiamano problemi concreti». Dietro quell'invito, il direttore dell'Avanti! non solo sottolineava la crisi del riformismo, ma avanzava, sia pure indirettamente, la necessità di una revisione della prassi e della linea politica di tutto il movimento socialista: o « concreterà se stesso, e si rinnoverà coll'assorbire nei suoi quadri la massa o si esaurirà nello sforzo delle piccole realizzazioni. Bisognerà scegliere: o democrazia o socialismo». (Cfr. B. Mussolini, Concretiamo il partito, in Avanti!, 12 febbraio 1913.) Di fronte a questa esigenza, Serrati rispondeva a Mussolini che il partito per valorizzarsi aveva ancora bisogno prima « di definirsi, di darsi un programma di azione specifica che lo ,distinguesse da ogni altro». (Cfr. G. M. Serrati, Valorizzare o concretizzare?, in Avanti!, 15 febbraio 1913.) Nel 1920 Serrati, dinanzi all'occupazione delle fabbriche, preferirà mettere la rivoluzione ai voti; ma il mito del Partito, della sua unità nasceva ora in quel suo affidare agli organi direttivi di esso il compito di formulare per le masse i dogmi della protesta. È vero che a Serrati « mancano del tutto le doti di prontezza, di spregiudicatezza, di ambizione personale, che si trovano invece concretate ed esaltate in Mussolini». (Cfr. G. Arfè, Storia del socialismo italiano, Torino, 1965, p. 172.) Ma è pure insufficiente risolvere nelle deficienze sentimentali e psicologiche d'un personaggio, tutti i difetti d'azione politica (derivanti proprio dalla superficialità d'una propaganda spicciola, locale, giornaliera) che, seppure involontariamente, egli aveva acquisito dalla stessa matrice. unitaria e riformista che s'apprestava a combattere, dal buon vecchio positivismo, evoluzionistico e democratico. Di fatto, se il «rivoluzionarismo» mussoliniano esaurisce la propria carica innovatrice, sul piano ideale, nello sforzo rivolto a mandare in frantumi la vecchia unità culturale del movimento socialista, l'intransigentismo serratiano nel biennio postbellico, s'affermerà proprio per la ragione opposta. 10 ACS, Min. Int., Dir. Gen. P. S., Uff. Ris. (1911-1915), 1915 C-2, busta 84, fase. (IV), sottofasc. « Venezia ». 11 Cfr. Una lettera inedita di Serrati a Lenin, in Rinascita, 3 febbraio 1967. . 12 Alle ore 16.30 del 10 giugno 1914, Rigola (da Milano) telefonò a Lazz~r1 (a Roma): « Venezia ha chiuso lo sciopero da sé stamattina e quindi non lo fa nemmeno oggi .... ». Il test? della telefonata, intercettato e trascritto dalla Polizia (depositato in ACS, Min. Int., Dir. Gen. d1 P.S., Ufficio Riservato (1911-1915), busta 82, fase. « Agitazione pro vittime politiche») è riportato in Appendice da R. De Felice, op. cit., p. 677-678 e da L. Lotti, op. cit., p. 274-276. 86 BibliotecaGino Bianco

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