Lettera con cui Vincenzo Gioberti si associa alla Giovine Italia

60 A GIOBERTI che rimanevano, al 31 di marzo 1848) e rotti e svergognati, in Italia. Non fecero; non vollero far la guerra; e non seppero darci l'onore e la pace. E il popolo d'Italia, indarno sanguinante, è ancora entro le Forche Caudine; e deve soffri re sentenziate le 5~ue sorti in un consesso d'insolenti stranieri, ove non avranno adito gli eletti suoi. Confessatelo, illustre Gioberti; era tempo e necessità che il popolo cercasse salute per altra via. Voi diceste, il lO febbraio in Padamento, che ogni rivolu~ione ha un segno, oltre il quale non può trascorrere. Altro è dire che il segno vi sia ; altro è decretare qual sia. E intanto, anche la pazienza dei popoli ha il suo segno ! Il popolo è semplice; il popolo si volge ora alla Repubblica, come già si volse al Principato; egli la invoca come mezzo, non come fine. Egli vuoi solamente uscir di mano ai fiacchi e ai perfidi: e venire in mani fedeli e forti , che lo scorgano a onore e libertà. Voi diceste non voler voi tt·asconere oltre i ter- · mini della federa'{ione e dell' indipenden'{a. Ebbene; perchè non ci avete dato l'indipendenza? e perchè ci avete turbato la federazione r Perchè avete rotto il santo patto di guerra vinta, e avete posto la fusione innanzi r indipendenza? Perchè colla vostra perfidia avete disu- ,.../. nito la schietta federazione militare, che la combattente Milano convocò sul campo della guerra r No; il principato non ha la forza di redimere l'Italia, porchè non ne ha la voglia. Il principato italiano è figlio e pupillo straniero. Un principe et·a di

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