Lettera con cui Vincenzo Gioberti si associa alla Giovine Italia

LA GIOVINE ITALIA 59 e fiaccò le ali della vittoria, non fu dettato egli dalla perfidia e dalla eu pidigia? non fu imposto dalla servili là e dalla paura? E può egli di1·si un Pauo, quando ha per condizione non si sa quale altro Statuto e Patto , che si farà non si sa quando? nè dove? e non ancora per la Repubblica Una d'Italia, nè per la Repubblica Universale d'Europa, ma per un regno? e non per un regno che si levi glo1·ioso ai quattro venti d'Italia; ma per il regno boreale, frammento e incerta caparra di più vasto regno e più remotamente futuro? II quale Statuto , che non è, nè forse sarà mai, sarebbe delitto il rompere? Il quale imaginario regno sarebbe scellerate'{'{a l'annullare? E voi, savio ragionatore, sperate, ancora un' altra volta , ogni salute nostra in cosa già caduta, e troppo indegnamente e. troppo lungamente calpestata da quel nimico, che fuggiva innanzi al popolo inerme? E credete veramente che sia per essere unico propugnacolo di forza o di vittoria, quando si nora fu campo di tradimento e di fuga , e calvario d' ignominia? Per trentacinque anni, l'Italia non lasciò mai di aspettare dal Principato la salute e l'onore. E non li ebbe. E per se stesso , e non per bontà di principe , si liberò il popolo in Palermo, in Milano, in Piacenza, in Modena, in Venezia, nel Cadore , in Palma Nova. Le concessioni pa·incipesche di Torino e di Napoli fut·ono estorte da necessità; e dua·arono, o dureranno, quanto la necessità. I sette principati d' Italia dovevano, colle forze di 25 mi! lioni di sudditi volonterosi, compiere la cacciata di soli 42 mila stranieri,

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