Lettera con cui Vincenzo Gioberti si associa alla Giovine Italia

·fO Al COMPILATORI jn nessun modo, poichè essa pareggia l'uomo alle .bestie, ammollisce e guasta i costumi, taglia i nervi .<)'ogni \'irtù non che privata ma patria; come provano presso gli antichi i Sotìsti e gli Epicurei, conuttori della Grecia, Carneade espulso da Roma come peste della gioventù cittadina, Pomponio Attico quie- .tamente filosofante fra le morbidezze in villa, mentre la patria periva; e nell'età moderna, quei filosofi, or .lollatori e maestri di tirannide come l' Hobbes, ot· cortigiani come il Voltaire, ora, se ben fautori di migljor sentenza, come l' Elvezio, pt·eparatori tuttavia, senza sa perlo, di quelle immonde e feroci esorbitanze, che .accompagnal'ono in Francia la rivoluzione, e ne macchiarono la giustizia e lo splendore. Al contrario, pura di tali eccessi , rimota dalle accennate imperfezioni, meravigliosa allo spirito, amabile al cuore, giovevole alla repubblica, ampia , alta, profonda , suscetljva di un perfezionamento presso che infinito, maestra di vita e di fatti gloriosi è la filosofia razionale, che So· crate santificò, e Platone abbellì colla divina sua eloquenza. Pitagora l' avea già prima fondata in Italia: gli Eleatici la continuarono e accrebbero; e dopo la caduta dell' imperio romano, e il tramonto di una lunga barbarie, la rinnovarono nel secolo decimosesto 3 alcuni filosofi napoletani, c specialmente Giordano Bruno; quel B1·uoo, che dopo essersi levato nel suo speculare più alto di Platone, mori come Sacrate, martire della sacra libertà del pens:ero e vittima dei Sacerdoti 4; quel Bruno, che basta col Vico per dimostrare, che l'Italia può ancor essere nelle più

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==