C. Gide - Concorrenza e cooperazione

BIBLIOTECA MENSILE dellaCooperazioende llaPrevidenza Ht.l C. GIDE = 1914 Dicembre [ontorrenei[a001era1ione · EDlTO A CURA DELLA LEGA NAZIONALE DELLE COOPERATIVE r. DELLA FEDeRAZJONE ITALIANA DELLE SocIETÀ m M. S. MILANO - Via Pace, tO

BIBLIOTECAMENSILE dellaCooperazieondellaPrevidenza H.tl = 1914 Dicembre ·························'··········································•·01••········· .. ·· ·······••01••··· C. GIDE [ontorrene1[a001era1ione EDITO A CURA DELLA LEGA NAZIONALE DELLE CooPERATIVE E DEU.,A FEDERAZIONE ITALIANA DELLE SOCIETÀ DI M. S. MI&ANO - ViEI Pace, 10

COMC1 lVH ·- TIP. COOP&IU.TIVA «Al'lISTIDE BARI•

Concorrenzae Cooperazione <i) Signori·> Sarebbe staro forse opportuno un piccolo punto interrogativo dopo il titolo della conforenza di qt,testa sera « Cooperazione o concorrenza »? Voi comprendete certament•e che in queste due parole ho voluto simbolizzare, caratterizzare due scuole clivet'Se: - l'una che comprende la maggior parte degli economisti francesi, tutti coloro che si rnggruppano intorno alla Società d'economia: -politiica di Parigi; - l'altra nella qual<e 110-11 figurano che pochi ,economisti, ma spc-cialmente dei sociologhi, dei .filosofi, degli uomini poIitici, qualche cristiano, per fino qualche anarchico, e un po' cli tutto-. La qualcosa ha permesso a uno de' miei eccellenti ami-ci·di dare di queste due scuole la seguente clefiniz.ione: la prima si compone di tutti quelli che·-conoscono l'economia:, -politica; e la seconda .di tutti quelli che non la c0noscono. E' in nome dei secondi che io vengo modestamente a parla-rvi stassera. Sic'come ho l'onore di appartenere da una quindicina d'anni alla Soci,età di ,economia poi.itica, voi supporrete che io non av,rò la -cattiva idea di dir male dei miei (r) Conferenza tenuta per il Museo sociale il ~4 gennaio 1899 sotto fa presidenza dell' on. Poincaré. Pubblicata• neL Bulletin. du. Musée socia/ del marzo 1899.

4 colleghi; tengo ·pure a dichiarare che io considero. tutti i militanti della scuola liberale economica - non solo quelli che sono morti, ma quelli che vivono e dei qua-J.idovrò citare i nomi - per dei valorosi che hanno lottato molto co-raggiosamentc nel passato, e nel presente per molte nobili cause, per la libertà. per la Pace sociale e internazionale, per la Giustizia, anche, e che, sopra tuU'altro terreno di quello che costituisce l'oggetto della piccola clisrnssione cli questa sera io sono cli tutto cuore con loro. Ma non credo di dire male cli loro se oso constatare che essi ·spesso dicono male di noi. In tutti i libri •e gli articoli che ,sono appa,rsi in questi ultimi tempi, portanti il nome dei capi della scuola economica liberal 1 e, si può rilevare una c1uantità cli critiche acerbe, o per lo meno di attacchi cÒ.ntro le istituzioni di assi,stenza mutualistica, con.tro la scuola moderna di cui io imprendo a parlarvi, sotto il nome cli scuola cooperativa, ma che è generalmente conosciuta anche sotto il nome di scuola della solidarietà. Solidari<smo e cooperativismo formano un sol tutto. Non voglio qui moltiplicare le citazioni: ciò mi sarebbe facile, ma voi potres,te ritenere che sia il ran,- core che mi ispira tanta forza di memoria. Non posso d'altronde dimenticare un fatto recentissimo, una s,ecluta di una pi·ccola sezione della grande Società di economia politica, la « Società d'Economia industriale», nella quale I ves Guyot, ha detto ,che ciò che no~ facciamo e che voi fate qui è semp,licemente del sociausmo paterl'uo, e nella quale un altro membro, non meno autorevole, poichè si tratta ciel segretario della Società cli economia ,politica, ha: chiusa e riassunta tutta la discussione con questa formula di una concisione lapidaria: « Il Museo sociale è un mal,e so'Ciale ». Perchè tutti questi attacchi? Semplicemente perchè, nella seconda scuola, di cui io devo pa,rlarvi, noi non crediamo che la concorrenza basti a tutto; che essa possa

5 asskurare la libertà, il buon mercato, i:l progresso morale ed economico. E, del resto, io sono convinto che gente di s:pirito, sapienti come -gli economisti della scuola liberale, di cui sto parla.n:dovi, nepp.ure essi credono a tutta la potenza e alla infallibilità della concorrenza eretta, a dogma. Non vi sarebbe forse fra le due scuole un malinteso,? Forse: in ogni caso a me sembra che il tempoche no~ a.ndiamo consacrando a questa discussione non sarebbe tutto perduto, solo che riuscissimo a p,recisa,r,e ciò che ci di vide. Biso-gnerebbe, anzi tutto, sta,hilire che <:osa debba intendersi per ,concorrenza. Solamente, siccome non vi è nulla di più nofoso in una confer-enza della ricerca delle definizioni, io me ne dispenserò - ,e del resto debbo confessarvi che non ho intenzione di occuparmi di definizioni ! - ma ciò che io veggo chiaramente è che la concorrenza si presenta sotto due a·s,petti, l'uno quello della libertà del lavoro; l'altro quello della lotta per fa vita. Ebbene ·noi acC'ettiamo il .primo, e rigettiamo il secondo. Ecco il soggetto dell'a nostra riunione di stassera. § I. - La concorrenza in rapporto alla libertà del lavoro. Ho detto or ora che, in quanto si tratti di libertà di lavoro, noi siamo completamente disposti, nella scuola coopera:tiva, ad a·ccettare la conc-orrenza. E' il primo aspetto sotto il quale ,e.ssa è ap.paiisa agli e·conomis:ti: è con questa a.ureofa che essa è sorta, veramente radiosa, alla fine dell'ul,timo seco,lo •e tanto p,iù acclamata in quanto essa succedeva- - non già al vero regime cooperativo, sbocciato di fresco dalla fraternità del Medi-o evo, e che avrebbe potuto forse sostenere s,otto certi a1 spetti il paragone - ma a un regime cooperativo

6 usato e di già arrivato a una specie di ossificazione s•enile. Non insisterò quiindi troppo lungamente s.u que,sto primo punto, <lacchè siamo d'accordo. Mi permetterò di dire che anche da questo punto di vista, per ciò che rigua:rda la libertà di lavoro, la concorrenza non ha forse soddisfatto alle speranze che si erano concepite su di essa. Essa non ha dato affatto il buon mercato che ci aveva promesso•; la prova è che il pane, per -esempio, non ha ribassato di p,rezzo da: cinquanta anni e Dio sa che non è la concorrenza che manca, giacchè il numero dei fornai, l1 imita~1dod alla sola Parigi, è triplicato in un mezzo secolo! Non si può dire neppure che essa abbia realizzato quell'ordine 1iatitrale che sogna vano e desideravano, giacchè noi vediamo una certa anarchia nella ripartizione delle ricchezze e dei servizi. Potr.ei .po-rta·remille esempi: per non citarne che uno solo, pensate a:i medici che nei villaggi e in campagna sono così rari che i malati non possono troV1.arne,mentre a Pa,rigi, ail contrario, sono tanto numerosi che sono essi che non trovano abbastanza malati ! Non si può dire che la concor-r,enza abbia a,gito come l'o sperava BaiStiat, quaJ.e potenza livellatri-ce, egualitaria, democratica, poichè noi l,a:vediamo creare proprio ora un tipo a,ssolutamente sconosciuto in altri tempi, ainche all'epoca di Creso, il tipo del miliardairio. Ma non importa ! Lo ripeto, noi .accettiamo queste piccole miseriie inerenti alla libertà del lavo,ro, noi l'accettiamo non -già con qu,ello spirito ottimista degli economisti della scuola liberale, che pensano che -esse spariranno il gio,rno in cui la libera concorrenza sarà completamente stabilita, •e che, come la lancia di Achille ( è una frase co.nsacrata) essa ,gua-ri-ràda sè le piaghe che avrà aperte. No: noi le accettiamo semplicemente per,chè noi pens.ia:mo che, per quanto cara. si a.cquisti, la libertà vale il pr,ezzo che si paiga.

7 Su questo primo punto, non aggiungerò che una, riflessione, che potrà sembrare un po' impertinente ai maestri della scuoLa liberale. Io mi permetto di creder·e che è •specialmente sui cooperatori che si deve contare per assicurare il r•egime della libera concorrenza, per realizzare il loro ideale, al qual,e non arriveranno col -semplice metodo del lasciar fare. In •effetto essi sono i primi a riconoscere - e-a deplorare - che ,infine questo regime della libera, conico-rrenza, di cui essi non cessano di viantairci i benefici, non esiste, che esso non è ancora oggi realizzato, che gli manca un'infinità di condizioni: per esempio, la soppressione di tutti i monopoli, l'abolizione di ogni profitto illegittimo, la coincidenza fra: il prezzo .di costo e quello di venditia, l'adattamento della produzione al consumo, della domanda all'offerta, e ·sopratutto ciò che si chiama « faire play », cioè la concorrenza leale è in condi21ioni uguali per tutti. Ebbene, per ·tutto ciò le società cooperative possono essere di un grandis:simo aiuto. Esse possono giustamente fare - e lo fanno in realtà - coincider•e in giran_parte i .prezz,i di vendita coi prezzi di costo; esse si studiano di ,eliminare gli intermediari, i pa-rassiti, tutti gli attriti che turbano il meccanismo economico e che gli impedì,scono di agire li:beramente. Esse ha;nno precisamente per scopo d'assicurnre, per qua:nto sia possibile, la disciplina degli interessi per mezzo dei liberi contratti e di impedire ai « Brenno» di gettare la loro spa/da in uno dei piatti della bilancia, ed inoJ.tr·e assicurando ai consumatori il dominio della gestione •economi·oa, le società di consumo tendono a realizza-re l'ideaile di Bastiat che acclama nel consumatore il vero rappresentante <i-egli interessi p·ubblici. Ed anche gl'initervienti l·egislativi che accendono così fortemente l'ira degli economisti, come sarebbero il sistema prote~ionista. la tassazione delle macellerie e delle •panetterie, le leggi operaie, credete pure che s,c

8 la repubblica cooperativa veniss•e realizzata molte di queste ·cose diventerebbero inutili. Certo se tutti i cittadini francesi appartenessero a delle società cooperative .di cons.umo il regime protezionista non durerebbe molto tempo. Certo se ·vi fossero dappertutto panifici cooperativi, questa famosa ta:Ssa municipal·e •sul pane e suUe carni contro la quale si protesta furiosamente, ma inutilmente, sarebbe resa inutile perchè i panifici e le macellerie cooperative vendeirebbero il pane e la ca·rne al prezzo cli costo. E così 1purese tutti gli operai in Francia essendo associati ai loro p1 a·drnni neJ.la part,ecipazione agli utili· o associati tra essi in cooperative di produzione, tutte le leggi coercitive per ·creare Casse di malattia., di risparmio e di assicurazione per regolare i salari, tutta questa ,pesante armatura legislativa, che non ha altro scopo che di difendere il' debole contro il forte e d'impedire che l'o-peraio sia abb~ndonato al capitalista come preda individuale, diverrebbero superflue il giorno in cui gli operai stessi regola.s·sero tutto ciò che riguarda le loro casse, i loro salari, la loro sicurezza, dal giorno in cui - per riprendere una frase che l'altro giorno pronuncia'Va Paolo Dechanel al banchetto delle associazioni coo,perative - « il lavoro non obbedirà che alle regole che egli stesso si sarà dato». Ecco perchè io avevo il di-ritto di dire che quando la libera concorrenza sarà pienamente realizzata su .questa terra, gli economisti della scuol•a -liberale lo dovranno alle associazioni cooperative, e saranno ,per questo obbligati a ringraziarci. Essi faranno come il prof eta Bafaam che era stato inviato per maledire Israello e che :do•vette alla fine benedirlo e per di più a tre di·stinte riprese. Questa sarà la nostra sola rivincita.; ma vi assicuro che essa sarà una rivincita veramente raffinata.

§ II. - La concorrenza sotto forma di lotta per la vita. 9 Ciò mi conduce ad affrontaire il secondo a.s.petto della conccJrrenza: dopo la faccia, il rovescio. Questo non è così vecchio come l'altro; ma di data relativamente recente. L'idea c\ell,a:concorrenza come manifestazione della lotta per la vita·, come mezzo di selezione, come leg,ge direttrice dell',evoluzione, tutti la conoscono come conoscono anche la sua o.rigine. Voi sa,pete come Spencer e Darwin, quara:nt'anni fa, hanno lanciato questa grande idea nel mondo e da quel giorno quanta strada essa ha perco·rsa. Non debbo qui discutere la questione ciel Darwinismo dal punto cli vista biologico: mi limiterò semplicemente a dire che s· incomin<Cia a diffidare in materia sociale cli tU1tti questi ricorsi al regno animale. Ma gli economisti sono stati fin dal principio conqui,stati. Essi si sono eletti: ,ecco il nos.tro caso. J<ino allora la concorrenza era semplicemente il buon mercato, la libertà, la giustizia; ma ecco, che è anche il progresso. E' il progresso per-chè è ]'-eliminazione dell'impotente, la sopravvivenza ciel più adatto, e dunque la selezione dei migliori. Certo, solo è questione d'intendersi. Questi migliori chi sono dunque? Finchè noi restiamo nel dominio della concorrenza animale io capisco benissimo quali sono i migliori; se si tratta di leoni i migliori saranno certamente quelli che hanno le zanne più solide, gli a.rtigli più ·a,guzzi, i muscoli più po.tenti per afferrar-e la loro preda; e se s,i tratta cli vol·pi saranno quelle che hanno le zampe più agili ed il fiuto più fino. Ma quando si tratta d'uomini sono quelli i migliori? Evidentemente, no. Gli stes•si economisti deUa scuola

IO liberale non intendono per migliori i più feroci e i più armati, essi intendono in questo senso non gli uomini che assomigliano a dei leoni, o a delle volpi, ma gli uomini buoni, socievoli coloro che sarebbero all'occasione in grado di sacrificare i loro interessi personali all'interesse sociale. Ebbene: se così è, come mai si può sostenere, senza provocare il riso che la concor,renza per la vita fra gli uomini, nel commercio .per esempio, o nell'indu 1 stria, avrà come effetto di assicurar,e la, vittoria ai più scrupolosi, ai più cos.cienziosi, ai più modesti, a coloro che possederanno queste virtù di dis.cr-ezione, che formano la moralità della vita sociale e distinguono preciisamente « la buona società dall'a cattiva? ~- Ve·ra:mente sembra non vi sia da discutere intorno a verità che sono dei luoghi comuni. Ciò nonpertanto si sono trovati ecoinomisti per sostenere questa tesi: che ai più morali la concorr-enza as.:. sicura la vittoria! In un piccolo libretto,, scritto con rimarchevo-le brio, intitolato.; La morale della concorrenza, Yves Guyot, si accinge a dimostrare che la concorrenza p.r,oduce non so.laanente il progresso economico ma anche il prog·resso morale. Ecco come: Qual,e è fa funzione del produttore o del commerciant,e nella nostra organizzazione economi1ca? Non è essa quella di preoccuparsi del gusto, degli interessi del cliente? Non è essa di ben servire? Il fabbricante non si preoccupa di ci'Ò che costituisce il suo interes 1 se o il suo gusto personaJ.e. Mio Dio ! no; e-gli vive nel costante pensiero di chiedersi -come potrà rendersi gradito alla sua clientela, fornendo ad essa, nel modo più economico il prodotto di migliore qualità. E<l è bene la concorrenza che lo costdnge così a preoccupa·rsi degli interessi del .pubblico, che gl' impone questo obbligo sotto la sanzione della rui,na: ecco perc.hè, continua Yves Guyot, essa a1 gisoe sotto la forma di una grande moHa

II morale; essa produce «l'altruismo professionale». In fatto morale essa sostituisce il catechismo che è un po' screditato e potrà anche sostituire con vantaggio I' imperativo categorico di Kant che è poco cono·sciuto nel monk:lodegli affari. Ecco la dimostrnzione. A dire il vero sembrn che l'autore abbia voluto piuttosto tenere una scommessa, che dare una dimostrazione s,cienti,fi,ca. La definizio,ne che egli ci dà dell' ,atto di commercio è in ogni ca1 so molto <livertente. Essa ricorda quella che M olière mette nella bocca di J ourdain, il borghese gentiluomo, al quale domandando ciò che faceva suo padre, così rispondeva.: << Le malie lingu•e pretendono eh' egli fosse mercante di drappi, ma niente di tutto ques.to. Egli era un uomo che per natura estremamente cortese aveva delle pezze :di stoffa presso di sè e rendeva servigi ai suoi amici, cedendogliele alle migliori condizioni possibili ». Molière aveva adunque di già dimostrato che il commercio non è che un servizio reso. E' questo eterno equivoco della espressione .« servizio reso>, questa specie di giuoco di parole che costituisce il fondo di tutta la teoria di Bastictt. Basta perciò prendere alla lettera questa formula che si trova su tutte le circolari che i commercianti scrivono a.i loro cli•enti: « venite da me, voi sarete ben serviti >. Oppure: « voi sar•ete meglio serviti che dal vkino ». E come la morale in questo mondo consiste infine nel rendere servizio agli al,tri, voi ,comprendete ·s,ubito come lo scambio e la divisione del lavo-ro suppongano e provochino l'altruismo professionale: Qit01d erat demonstrandum. Il Corrispondente ha narra-te una di vertente storia di concorrenza svoltasi qualche tempo fa fra due dei p,iù grossi miliardari americani: Vanderbild e Gould. E' colle loro linee ferroviarie (poichè ciascuno d'essi ne possiede parecchie), che essi si battono. Per acca-

12 parrarsi il trasporto del bestiame a New York, ciascuno di essi abbassò il prezzo ciel trasporto per modo che finì per scendere da 125 dollari per vagone a:d un solo dollaro. Fu Gould che ebbe l' ultima pa.rola. Sulle sue ferrovie stabilì tariffe fenomenali di un dollaro. Egli rideva, tutto con.tento pensando alla sua vittoria, qiua111doegli apprese che Vanderbild avev:a comprato tutto il bestia.me de,l Far-West, che egli si af hettava di far viaggiare nei vago,ni del suo concorrente al.Ja eccezionale tariffa che Goulcl aveva firssata ed ebhe così enormi benefici .per ogni vagone. Gould cessò di ridere; ma il pubblico, pel quale essi rivaleg,giavano in altruismo ne f.u lietissimo. Un'altra volta si videro due Compagnie arrivare, in causa, della concorrenza, non solo a '1:rasportare i viaggiatori gratis, ma ad offrire anche nei ri·spettivi biiffets dei rinfreschi grafis. Anche in questo caso il « servizio r·eso » al pubblico è incontestabile. Ebbene, io penso che voi avrete subito compr•eso dov,e porta il sofisma: il motor.e Idi tutta l'attività commerciale ed industriale non è punto il desiderio di ren!dere un servizio agli altri; ma semplicemente il desiderio di procurarsi un profitto. Il profitto! Ecco la causa e i[ fine, l'alfa e l'omega della nostra attuaile organizzazione economica. E siccome la concorrenza non potrebbe sviluJp,pare altre qualità ali' infuori cli quelle che si trovano meglio adatte allo scopo speciale che si cerca di raggiungere, la concor,renza economica in vista del profitto non saiprebbe <Sviluppare che le quaJi,tà meglio ada.tte a guadagnare quattrini. Si dice, qualche volta, che la conco.rr·enza è l' ainima del commercio: si ha l' anima eh~ si può. Tenete presente che io non sono abbastanza pessimi:sta per •aiffermare che un commerciante non possa essere perfettamente un galantuomo coscenzioso e che metta tutte le -sue cure per ben ,servire i suoi clienti. Io pretendo solo che se egli lo fa, ciò accade perchè

r3 egli pensa, che I' onestà è, dopo tutto·, la migliore via per riuscire in affari - e per fortuna, ciò è vero ....... qualche volta. E io affermo inoi.tre che se egli lo fa, se egli è uno ùei commercianti la cui parola vale come oro e che rappresenta l'onor.e della sua prof es•sio,nee del suo paese, ciò non dipenderà dal fatto che la conco,rrenz,a ve lo ha costretto ma perchè la sua coscienza, o il suo onore professionale, gl' impongono ciò. E la prova è che questo onore professionale, questa probità commerciale ha•nno pure ,esistito anche nel tempo in cui la concorrenza era assolutamente S·conosciuta. Forse anche più d'oggi. Non rimonta certamente ai tempi della libera concorrenza che Ruskin ha visto incisa sopra una chiesa di Venezia: « In questo tempio il peso dei negozianti era. esatto, la misura giusta, il contratto leale». E se, ora noi siamo lontami da questo v,enerabile passato, voi volete fare la controprova, voi non avete che a domanda·re a qualsiasi mercante, al tale droghiere della via, ·per·chè egli venda delle derrate falsificate? Perchè non chiude il suo magazzino tutte le domenkhe per dare riposo ai suoi impiegati? Egli vi risponderà: « Signo:re, lo vorrei fare; ma. non lo posso; debbo fare come gli altri, bi·sogna urlare coi lupi». Domandate a questo mu,gnaio di Normandia che, qualche mese fa, è stato perseguitaito da·lla legge perchè aveva fatto venire vagoni interi di gesso per mescolarlo alla sua farina e fare del pane, che realizzava, co,sì alla lettera il miracolo -che Satana pro,pose a Cristo - e che questi respinse con indignazione: - « Dì a queste pietre che diventino .pane». Domandate a tutti i laboratori muni,cipali perchè oggi la falsifkazio-ne delle derrate è diventata un'arte che fa elci reali miracoli con ,quello a cui ho accen111ato testè - tutti risponderanno: è la -concorrenza che ne

r.4. è la causa. Perchè bisogna ingegnarsi a vender al miglior mercato possibile, .perchè i profitti diminuiscono, pe11chègli intermedia 1ri sono troppo numerosi. Domandate ancora a questi impresari, a questi sarti di abiti confezionati nelle grandi ·città, a Londra, oppure a Parigi, perchè sot1opongono i loro operai a questo sistema divenuto cdebre in economi·a poHtica sotto il nome di Swea,ting System (sistema del sudore), in quanto esso consiste nel fare sudare un uomo il più che sia possibile; - domanda·te a·i nostri grandi magazzeni perchè essi danno a·i loro operai per la confezione di una camicia o di un oggetto di biancheria qualunque, una somma assolutamente derisoria che loro permette appena di vive10e,e ciò a prezzo di un lavoro da bruto sostenuto giorno e :notte fino al punto che un osservatore molto accorto e preciso, Carlo Benoist, nel suo libro « La cucitrice », ha .potuto dta·re il caso di una lavorart:rice che aveva lavorato due .giorni di seguito per v,enti ore ogni giorno per confezionar•e non so quale articolo di toilette per signora la quale po,trà farsi bella con, poca spesa. Domand~te all'autore del famoso « Canto .della camicia», Tkomas Hood, ,quale è il dramma quotidiano che gli ha strnppato questo grido di disperazione: « O mio ago! Lavoriamo! « C·iò ,che tu cuci è il mio lenzuolo funebre « E nello stesso tempo una camicia ». E tutti vi ri,sponderanino - essi hanno già risposto cento volte: - « E' la concorrenza! Nioi non chiediamo di maltra1tta1re i nostri operai e gli impi,egati; ma noi vi siamo costretti per .la necessità d'ella lotta alla vita>. Ecco quello che basta, non è vero? Senza moltiplicare gli esempi per provar>e -che la concorrenza, sotto la forma della lotta per la vita, ha agito generalmente non nel senso progressiv·o ma in quello peggiorativo

15 che in luogo di 1selezionare i buoni elimina,ndo i cattivi, essa obbliga, al contrario, i buoni a regolare troppo spesso i loro pa,ssi ed i loro atti sui passi e s.ugli atti dei cattivi. * * * Ma e che cosa, mi dir,ete, voi, volete fare? Bisognai pure, dal momento che voi avete accettalta la concorrenza sotto la forma della libertà del lavoro, l' accettiate pure sotto la forma della libertà per la vita, e il diritto è il rovescio della medesima medaglia. Non si possono separare. N.o, assolutamente.! Non a-coet,toquesto dilemma. La libertà ciel lavoro non mi sembra necessariamente legata alla lotta per la vita, ,e meglio ancora, io credo che vi siruno dei casi, al contr~rio, in cui la lotta per la viita produce questo ,effetto di sopprimere la libertà ciel lavoro e la libera concorr·enza. Prendete dei topi ! Sì, una dozzina di topi, poichè noi parliamo, cli selezione .natura·le, rinchiudeteli in una cassa e clatc il nutrimento suffidente p,er UJnO solo di essi. Poi ripassate tu;tti i giorni: da un giorno all'altro voi vedrete il numero diminuire per modo ch•e a-lla fine non ne resterà che uno so.Jo. E' l'eletto, quello è il selezionato ! Bello, grosso! Lo credo bene. Egli ha mangiato tutti gli aJtri. Ed ecco la concorrenza soppressa, poichè di tuHi i concorrenti non resta che uno solo: ,ed è da questo che deriva la parola: Monopolio, Monos: solo. Io voglio ben credere -che nella concorrenza fra gli uom~n.i le cose non a:ndranno precisamente così, per quanto questa sia una tesi affermata comunemente dai collettivisti, dal Molinari, e anche da Zola,, nel suo li,. bro: Le, bonhcnir de dame, il quaile afferma che i grandi magazzeni come il Lo1,1,•vre d il Bon Marché mangeranno i piccoli.

r6 Ciò non è completamente esatto nella realtà della vita e dei piccoli magazzeni ne restano ancora molti, anzi troppi. Ma dò non .pertanto non si potrebbe contestare .che logicamente la lotta per la vita, poichè essa è una ba,lltaiglia, e poichè essa ha dei vincitori e dei vi,nti, -e po,ich1è i vinti finalmente spariscono non -debba avere per effetto cli ridurre il numero dei combattenti fino a che non ne resti - non dirò uno solo ma alt11ienoun .piccoilo numero cli essi, i quali, vedendosi dolorosamente di forz.e uguali e non ,potendo riusciie a divorarsi l'' un l'altro, si intendera.nno e si associeranno - ·ciò che conduc-e alla s.tessa conseguenza: sopprimere la concorsenza. Ciò che io -dico no.n sono affermazioni a priori. Voi sapete, o almeno molti di quelli qui presenti sanno che la nostra favola non fa che simbolizzare uno dei fenomeni economici di maggiore attualità, il più importante, quello che preoccupa di più gli economisti in qu-est'ora, vale a dire, queste intese, queste coalizioni dt grandi produttori che si -chiamano Sinidacati in Francia:, Tru..sts a:gli Stati Uniti, Cartels in Germania, Combi:ne'S in Inghilterra. Io so bene che uno dei distinti ,collaboratori di questo Museo Sociale, il signor de Rousiers che rito,rna preci1same11.te ia una inc.hiesta agli Stati Uniti, su questa grossa: questione dei trusts, ha ri,portato conclusioni relativamente rassicuranti per il pubblico: egli ,crede <:he fi.nalment,e i trus.ts non avranno come ef,fet<to l'abolizione nè J·a restrizione sensibile deJl,a concorrenza. Io mi permetto d'esser-e meno ottimi,sta a questo riguardo; non sono stato agli Stati Uniti, ma ero, qualche mese fa, nel Mezzogiorno della Francia ,ed ecco quanto ho visto. I viticU'ltori, come voi sapete, fanno per le loro vigne un grande consumo di zolfo; sono quindi dei più grandi consumatori di questo prodotto. Ora essi vennero ad avere una ,sorpresa molto s·gradevole. Seppero che tutti i fabbricanti di zolfo raffi-

nato si erano sindacati e che si erano pure intesi coi produttori di zolfo della Sidlia cht è il so,lo •paese che oggi somministri lo zo.Jfo. Nello stesso tempo veniva loro annunciata a mezzo cli una circolare che il prezzo era stato loro a·umen,- tato cli clne o tre lire. E la stessa ci,rcolé!Jreaggiungeva molto cinicamente ch'essi avrebbero fatto molto bene a sollecitare i loro acquisti inquantochiè si contava di aumentare di 50 centesimi per quintale ogni mese. Ed è ciò che .essi hanno fatto - quelli almeno che a,yevano denaro a loro disposizione: essi si sono affrettati a dare le loro crclinazioni per timore del peggio. Io potrei citare altri •esempi: lo stesso fatto si è prodotto,per il solfuro di •Carbone e pure il solfato di rame. Che possi·amo noi fare in questo caso? Ciò .che noi possiamo far:e? Certamente la ,cooperazione p1uò fare molto, è, nell'esempio che io ho qui citato, essa è la sola forza - bcil più dello Stato che non può far niente - sulla quale consuma.tori possono contare per difendersi. E come ciò? I viticultori in Francia i quali hanno costituito dei grandi Sindacati, i Sincla•cati agricoli, che non ·sono in realtà che delle società cooperative di consumatori e che sono ben decise a r1esistere e a far,e cader.e questi sindacati di grossi fabbriC'.anti. E se essi ri.u·sciranno, come io spero, bisogner,ebbe riconosc,er,e che è .la concorrenza sotto la forma della: lotta per la vita, che aveva creato il monopolio, ma che è la cooperazione quella che è venuta a restaurare il regno della libera concorrenza ! E le Banche popolari e le Casse rurali che fanno esse fornendo i capitali ai piiccoli .propri,etari, agli artigiani - se no.n impedire a questi d',essere mangiati dai grossi conservando una libertà di la·voro e un.a libera concorrenza effettiva e non solo allo stato di va.na dichiarazione di principio?

18 Ed è sulla cooperazione che noi contiamo, sotto la forma di società di consumo, per lottare co.ntro le selezioni regres·sive e gli a:busi della concorrenza quali ho indicato or ora: réclame menzognera, falsifi.caizione di derrate, falso p,eso, S1fruttamento dei consumatori sotto tutte le forme che sono il frutto amaro dell'ingordigia del profitto. Qneste società voi lo sapete, sono i consumatori aissociati per provvedere ai loro bisogni vale a dire per vendere a sè stessi; ora quale interesse avrebbero a vendere a sè stessi mercanzie o prodoitti falsificati o a vendere a falso peso, o a sfruttM"e sè stessi in qualsia.si modo? E quando vi sono .più cooperative di consumo in una stes:sa città, i·n una stessa borgata od in una stessa regione, credete v,oi che si facciano la concorrenza? Credete voi che esse cerchino di eliminarsi e divorarsi a vicenda? Q.ualche volta, evvia ! Là dove esse non hanno potuto ancora liberarsi dagli ambienti e dalle abitudini locali commerdali, là può anche accadere. Ma là dove esse sono veramente cooperative esse· si sindacano, esse si associano, si federano, si intendono: nessuna ragione di inimicizia fra di esse poichè ciò che costituisce il veleno della concorrenza e la fa deg,en,era,re in lotta per la vita, è la sola avida ricerca del profitto, mentre le soci,età cooperative hanno per ,principale preoccupazione di provvedere ai bisogni dei propri soci somministrando ad essi le merci di mi,gliore qualità ed al più basso prezzo possibile, di « rendere loro servizio> nel vero senso in cui Yves Guyot prendeva questa .parola. E noi contiamo anco,ra sulla ,cooperazione per far cessare l'effetto disastroso della vita che io chiamai o,r ora il sistema del Swea,ting System, questo sfruttamento de<ll'opcraio da parte di un impresario o di un sottoimpresario poichè il ·giorno in cui gli operai saranno essi stessi, in parte o completamente, padroni •e produttori per loro conto, nessuno saprà immaginare che

19 in queste condizioni cercheranno di sfruttarsi essi stessi ! Noi vedremo allora realizzato l'ideale di cui Carlo Robert, che mi sta di fianco, si è fatto apostolo, v,oglio dire il lavoro rimunerato con giustizia e non più per la fatale legge della oHerta e della domanda. § Ili. - Si deve temere l'indebolimento della concorrenza ? Mi resta ancora un dubhio da clissiP'are. Si potrebbe paventare - e gli economisti non si so,no fatti scrupolo di affermarlo - che questa pratica dell'aiuto mutuale che questa preoccupazione di addolcire la lotta e la conco•rrenza 11011abbia per risultato di affievolire l'iniziativa individuale cli ingen.e,rare un sentimentalismo senza nervi e senza vigore, un filantropismo :P'iuttosto negativo che prepara alla evoluzione socia.le la stessa soluzione di un vaudeville di Labiche; un abbraccio generale. Ciò che è necessario, si dice, per mantenere tesa la mollia, dell'attività umana è la lotta, la concorrenza, il conflitto degli interessi rivali. Ciò che è .necessario è il self-help (l'aiuto cli sè stesso) mentre la •cooperazione, il mutualismo, la solidarietà, tutto .ciò non farà che sviluppare l'inerzia, la pas-sività, l'istinto, già troppo ,sviluppato, di 11011aiutarsi da sè stesso, ma cli atitender,e da altri l'aiuto•! r el suo libro sulla superiorità degli Anglo-Sa·sso11i, Demolins ha scritto questa frase enorme: « Il solidarismo non è che una dell,e forme dell'egoismo, l'egoismo obbrobrioso!». Certamente noi siamo d'aocorclo in ciò •che l1a,cosa ,e.ssenziale è quel.Ja di formare degli uomini e ·se mi sa·rà dimostrato che la conwrrenza deve produrne di più •che la cooperazione,

20 io mi arrenderò. Nè voi dovete considerarci come dei rassegnati. Il nost-ro ideale è anche un idea,le di energia, ma io non credo a questo perico1o e vado più lontano; mentre or ora io dicevo che conto sulla cooperazione per realizzar-e meglio che colla concorrenza, la libertà del lavoro, dirò anche che io conto sulla cooperazione per realizzare meglio che coHa concorrenza il massimo di energia e lo sviluppo integrnle della pers'onalità umana. Uno dei fatti che mi rende scettico - fra i molti altri - sulla efficacia della concorrenza e della lotta per la vita dal punto di vista della energia, del self-help è precisamente l'esempio che -ci vien.e sempre citato dall'Inghilterra opponendolo alla Fra-ncia. Sì, certo, in Inghilterra, vi è molto individualismo - ve ne ha forse anche un po' troppo - ma l'argomento non può toccarci, p,et"'chè se l'Inghilterra è il paese del self-help, è 1a.ncheper eccellenza il paese della cooperazione ,e della associazione e da questo punto di vista egli è assolutamente nelle ,prime file. E in quanto alla Francia è ben diffi•cile trovta,re che la concorrenza e 1-a lotta per la vita vi difettino! Io mi domando qual'è il paese do,v,eve -ne sia di più ! V.oi dovete dare uno sgu1ardo in una qualsiasi strada per vedere il numero di mercanti che si fanno concorrenza vendendo i medesimi articoli e disputandosi i medesimi -clienti. Non ,si apre un nuovo negozio che non provochi subito qualche altro concorrente. La lotta per la vita? Ma il piccolo foancese prima di vestire i pantaloni lo sa, questa lotta per la vita lo fa •entrare subito in collegio, ogni ·settimana gli si fa fare una composizione p,er cla·s·sifioa,rlo, e alla fine dell'anno delle composizioni doppie e triple per assegnargli il premio ed egli continua co,sì d'anno in anno facendo sempre composizioni, lottando, o almeno stimo,lato a.Ila lotta dai suoi parenti e dai suoi maestri, per cercare di conqui.stare un

21 numero sempre più alto nella lista della cliaiSsifica.Poi egli concorre per le scuole superiori ... codesti concorsi sono la grande preoccupazione dei francesi: si può dire senza esagerazi,one che una grande parte degli sforzi intellettu1ali della Francia, della soJ.lecitudine famigliar.e, della tenerezza delle madri cospira a questo unico scopo: quel selezionato che si chiama il numero primo della scuola politecni-ca ! E non è finita! Quando si esce dalle scuole, la lotta per Jtavita continua, s·e non più sotto la forma di esame e di concorsi, per Io meno sotto quella di sollecitazioni ed intrighi per arrivare. Il Francese è f.unzionario? Egli concorre per ,ogni gradino che deve salire nella gerarchia fino a che non. vi,ene collocato in pensione: allora egli muore di dolore. E' a·gricolto·re? Egli concorre ai premi d'onore agricoli ogni cinque anni. E' industriale? Egli concorre per la medaglia all'Esposizione univ,ersale, all'incirca ogni dieci anni. E' artista? Egli concorre per la medaglia al Salone. E' provinciale? Egli concorre per venire a Parigi. E' inteHettnale? Concor,re per etitrare all'Istituto. E' egli qualunque ,cosa? Egli concorre per essere deco·rato. E che cosa potrei dire se entrassi a parlar,e della latita per la vita nel campo del1a politica! Ma non ne parlerò. Accontentiamoci di dire che certamente le rivalità e la lotta non fanoo difetto in Francia, e se la lotta per la vita deve originare il self-help, l'iniziativa individuale, la Francia dovrebbe essere un focolare tutto• sfolgorante di energie mo.rali. Non si dovrebbero trovare più che uomini eletti, superuomm1, ,come quelli che a noi ha ·promessi Nii'ets:::che. Ora•, voi lo sapete; non si incontrano molti superuomini - il che è del resto molto bene - nè si trovano facilmente neppure dei semplici « u,omin1i ». E perchè tiante lotte si risolvono in così poveri risultati? Ciò n,o.nsi deve forse al fatto che tutti questi sforzi non hanno che la ·S1pintadel << desiderio del pro-

22 fitto», o la soddisfazione della vanità? O forse anche la pigrizi•a ! Poichè, infine, vi sono molti che fanno tutti questi , forzi, dli cui vi ho parl,ato, solo per avere ttn buon posto dove essi sarnnno dispensati cli farne de·i nuovi per l'avvenire. E' una specie cli abbandono di ogni sforzo, un vero collocamento dereutier; come certu.ni economizzano e penano dmamente per mettersi nella co'11dizione di spendere ,e di ,godet"'e; questi si ·sforzano per riposar,e. Vi è dunque qui un genere speciiale di sforzo che non è oerto quello che risponde all'idea di uno sforzo persona:le; ma è assai interessante notare come esso risponda assai bene al .principio fondamentale dell'economia politi.ca cla1 ssica, poì,chè questo oome ci viene insegnato eia tutti i trattati classici •quale noi l' abbiamo appreso, .il p,rincip.io che è oonosc!uto nel vocabolario scientifico sotto il nome cli principio edonistico consiste app,unto nel procurarsi il massimo di soddisfazione col minimo sforzo possibile. Si è scritto a questo proposito un interessante libro che è considerato come la sintesi di tutta l'economia politica e che s'intitola: « L'economia dello sf or::o >. L'autore .... è Yver Guyot. Egli stesso. Ma lo sforzo morale non riguarda l'economia, oh no! In questo dominio non è punto il minimo, è il massimo sforzo che rappresenta lo scopo. Quale errore il credere e il ripetere ogni giorno che Ì'l self-help, Io ·sforzo egoista, rappresenta il più alto sforzo dell'energia indiviclluale ! Ma, scus,at,emi, per,chè il fatto di aiutare gli altri non costituirebbe uno sforz.o altrettanto e più intenso che lo sforzo per sè stessi, e non costitufrebbe una sorgente di energia più feco.ncla ancora? Tender,e la mano ai propri simili può richi,edere più vigore che somministnargli un pugno. Voi gettate qualcuno nell'acqua per insegnargli a nuotare: ecco il selfhelp. Benissimo. Ma continuate. Gettate ancora un altro

individuo nell'acqua, a fianco del primo, cercando che questi salvi l'altro! - E' possibile, è vero, che essi, si anneghino entrambi - è un rischio che si corre - ma è certo che quello che vorrà salvare l'altro dovrà spiegare unosforzo nO'n sola.mente dopp.io, ma anche maggiore. Questa è la cooperazione; la cooperazione consiste nell'aiutare gli ahri aiutando se stessi; non dico aiutar•e gli altri senza aiu,tare sè stessi. Suebb.e troppo,! Lo stesso ,evangelo non chiede tanto. Ess,o non dice: « Tu amerai il prossimo più di te stesso »: egli dite, e noi ripetiamo: « Tu amerai i·l tuo prossimo come te stesso ! ». E qui noi possiamo parlar,e per ,esperienza. Sì. Tutti coloro che hanno l'esperienza della vita ·cooperativa sanno che queste associazioni hanno dato sempre •e continuano ancora oggi a dare fior di 1personalità, così vigorose, così ene-rgiche, così ben temprate, quali mai ebbe a formare la libera concorrenza e la lotta per la vita. Vi sono in questa sala cooperatori ·che sono stati, come me, testimoni degli sforzi che alcuni fanno nell,e società cooperative, uomini ciel ,popolo per sollevare le masse, per elevare i lorn camerati ad un liveHo superiore. Io li ho visti, la sera, riuniti nelle retrobotteghe cli qualche società coo:perativa, seduti sopra qualche sacco di patarte o sopra barili di acciughe, discutere fin oltr,e mezzanotte, degli inter•essi sociali, che •potrebbero sembrare di limitata importanza, ma che aicqui·stano valor,e per tutto ciò che l'uomo, nell'adempimento dei suoi doveri, porta ad essi, di dignità, di serietà e di sentimento. E non solo degli operai, ma dei borghesi stessi, venuti a portare te.sori di devozione, amministratori, i quali avrebbero potuto guada1gnare in qualsiasi altra casa di commercio stip,endi considerevoli e ,che gratuitamente, o per una modestissima retribuzione, dedicano il loro tempo alla società.

Sono giovani •che hanno ,speso, per fondare quest,e società, altrettanto vigore quanto quello che occorre per entrare alla scuola poli:tecnica. Ho citato già altra volta l'esempio di quegli studenti di M ontepellier che voller·o pPendere a cuor-e !,a fo11dazione di una panetteria cooperativa. Sapete voi che cosa hanno fatto? Essi hanno fatto ciò che .per un francese costituisce l'atto di maggiore coraggio: essi hanno sfidato il ridicolo: sono anelati a due per due, come gli aposto'1i, facendo così il giro di tutti i caffè di Montpellier ( e ve ne sono molti!). Vi andavano a!I'ora dell'absinth,e --· all'ora verde - fra le sei e le sette di sera; si sedeva.no ad un tavolo e quando vedevano i tavoli circondati di consumatori uno di loro si alzava e di,ceva: « Noi abbia.mo una c·omunicazi-one da farvi». In mezzo alla sorpresa generale, che faceva cessare il rumor,e dei bicchieri sulle tavole, quello che si era alzato teneva una conferenza sul forno cooperativo, spi.egava Lo scopo da raggiungere, ne vantava i benefiici, e quando questo compito era esaurito domandava delle adesioni e deHe firme. Non vi è sta.to un caffè dove essi non abbiano trovato tre o quattro adesioni; in uno di questi caffè sorse a contraddire un fornaio della città: là se ne raccolsero 14 ! Essi sono oggi 280. Vi sono dunque, ripeto, cle!J.epreziose enei-gi,e in questo campo, e non sono solo gli iniziatori, i fondatori, che devono dare p.rova cli energia, ma è necessario -che ogni associato faccia qualche piccolo sforzo altruista, non fosse altro che quello cli paga re le quote ed assistere alle sedute cli assemblee ,e comitati, la qual cosa non è sempre per noi borghesi così gradevole e lo è meno ancora .p,er gli operai che hanno lavorato tutto il santo giorno. E se l'associato è incapace cli questo piccolo sforzo, se è decisamente troppo egoista, ....ebbene ! in questo cas,o egli è esicluso dalla soci,età o si esclude eia sè stesso per modo che la sel,ezione si produice nel sistema coope-

rativo così bene nello stesso modo che col sistema della concorrenza. Certo! Noi abbiamo così i nostri eletti! Con questa diHerenza sola che la s•elezione della cooperazione serve più gli altri mentre i selezionisti della concorrenza sono più atti a servire sè stesis.i che gli altri. Non si tratta che di una piccola ... sfumatura. Io so bene certamente, che i membri deLle nostre società cooperative non sono tutti degli eletti rispondenti a questa definizione. Noi abbiamo anche degli incapa•ci, dei lenti, dei brontoloni, che non hanno altro scopo - in v,erità però anche questa funzione è assai utile - che di criticare tutti gli altri che fanno qualche cosa di utile. Ma, scusatemi, forse che la Lotta per la vita 11011 ha anch'essa l,e sue perdite? Qual'è il regime che più di questo ne :sia rkolmo? Sia per la ressa degli intermediari, sia per il numero dei candidati a tutte le funzioni ,e sopratutto a quelle meno util-i, sia per la creazione di ciò che si chiama il proletariato intellettuale, sia anche nel ,proletariato industriale per i suoi scioperi che mettono l'operaio sulla strada e lo trasformano in non valo,r-e, o in sussidiato? Per un uomo che la concorrenza ha portato dalla strada su fra i ,grossi commercianti ed industriali, quante individualità ha •ess-aschiacciato sotto i laminatoi delle sue ma•cchine ! E, senza sping,erci a cercare i casi •eccezionali, non vedete voi che il salariato tutto intiero (questo salariato che la ,co:o,perazione si ripromette se 11011 di abolire almeno .di trasformare mentre i -campioni della concorrenza ce lo danno come un: risultato definitivo), con tutti i suoi uomini che non compiono che la fonzione d'impi,egati, di operai, di istrumenti hands, come dicono gli inglesi di ma.n-i,e non di uomi:ni - costituisce una: prodigiosa perdita -di forne vive ,e di individualità?

Certamente ,essi lavorano bene, per un certo verso, questi salariati a creare delle individualità;; disgraziatamente queste individualità non saranno le loro, ma saranno invece quelle d'egli uomini per i ·quali essi lavorano. Ma, per quanto riguarda essi, per quelli almeno che non hanno .potuto trovare nei sindacati un mezzo per sottrarsi in :parte all'azione della concorrenza; per quanto riguarda questi uomini, essi non sono che dei disoccuP'ati che fanno salire e 1s,cendere alternativamente ogni onda che passa, ogni oscillazione di offerta ,e di domanda, così incapaci di a,gir,e sul loro proprio destino, come i gavitel'li ,che si vedono nei porti salire ,e scendere inel'ti al flusso e riflusso deUa marea e che si chiamano con ,un termine assai espressivo: dei « corpi morti ». Vi è una produzione teatrale che ha fatto molto rumor,e, già o·r sono due anni, e che port~ questo titolo bizzarro: Il pasto del Leone. De Curel - l'autore - mette in scena degli operai .d'isO'ccupatiai qua:li il padrone risponde loro dimostrando che nella organizzazione economi,ca attuale il padrone è l'uomo, è colui che .pensa, che vuole, che agisce, che crea, da solo la ricchezza, è colui che caccia ,ed abbatte il bufalo ed in quanto agli operai, gli impiegati e tutti i cosidetti collaboratori, essi non fanno che parteciipare ai resti d'ella preda -che egli abbandona loro. Il salario che ad essi dà, costituisce il resto del leone. Ebbene noi speriamo che sotto il regime cooperativo g.eneralizzaito non vi ,saranno più 'leoni, nè scia,calli, ma solamente degli uomini che cercheranno di! aiutar,sli reci:procameln!te ,e 1che cercheranno di r-ealizzare ·questa divisa che i raffinati trovano strana ed anèhe un po' ridicola, e che fi1gura sulle circolari delle società cooperative - come esergo - con attorno alle due mani ·congiunte la scritta: « tutti per uno, uno per tutti>. E :allora i.sarebbe vero, come assicura Demolins che questo sistema della solidarietà non

27 avrà altro risuhato all'infuori di quello di abbassare i capaci senza riuscir,e ad elevare gli incapaci? P,erchè abbasseremmo noi i capaci per •so-stenere questo regime? Non certo dal punto di vista morale in tutti i casi ! Dappoichè ho detto e ripeto che un tal-e regime .domanderebbe ai forti 1pe.raiutare sè s.tes,si e a.gli altri uno sforzo ben più considerevole di quello •che ri,chieder,ebbe il puro r-egime individualist,a. Io affermo e ripeto che per aiut.arie il prosisimo e stendergli la mano non bisogna essere monchi. E come lo disse i.n una ammirevole formula Vinet: « Per darsi occorre essere pad}roni di sè >. Quanto agli incapaci - se sono realmente incapaiei - ebbene! la loro sorte non sarà punto peggior,e, in tutti i ca,si, di quella sotto il regime della libera concorrenza. Essi saranno dei delusi forse, ma almeno con questa differenza che si c-ercherà di fare qua•lche cosa per essi, di aiutarli e di farli salire al livello dei forti. Un industriale di Manchester al quale isi domandava che cosa facesse degli operai incapaci •e troppo v,ecchi, che non impiegava .più nel suo stabilimento, diceva: « Li ho affidati alle .cure delle leggi naturali». Ora noi sappiamo che cosa sono le leggi naturali. E' ,come in un'armata in marcia; i deboli, i ritardatari, sono abbandonati all'azione delle forze naturali, quali il fr.eddo, la fame, la nev,e, i lupi, i cosacchi, il ghiaccio .della Beresina, ecc., ecc., mentre nell'a,rmata coop:e~ativa i ritardatari sono attes.i. E' seccante doverli attendere, lo comprendo bene: non fu Cesa.re, mi ,pare, che si lagnava di essere obbligato di re·golare i suoi passi 1s.ulla velocità dell'asino che portava i suoi bagagli? Certo, è secca:nt~ specialmente allo11chè, l'incapace, come nella fatti,s,pecie, non porta niente, e per soprappiù dobbiamo .portare noi, il suo sa,cco; ma non importa; lo si attende egualmente; s'egli si china e si ferma presso il fuoco lo si rialza.; s,e egli si. atldor-

menta pre·sso la neve lo si scuote, lo si friziona, lo si tira, lo si alza, lo si spinge ed ecco ancora uno di più fra i salvati, ancora uno che rientr-a in patria. Ho finito. N 01 non vogliamo nella s•cuola .cooperativa sopprimere la concorrenza nell' interesse personale dalla quale essa emana; noi non aitbiamo punto qu·esta pretesa ridicola. Ma noi vorremmo solamente spogliare la con,corr-enza di tutto ciò che in essa vi ha di inutile, di caduco, della sua pelle di serpente, per conservaire ciò che vi è in es6a di eterno, come l'emulazione del bene. Noi non credi.amo che la pressione della concorrenza sia indispensabile come si afferma da molti per mantener.e tesa la molla della uima·nità. Noi crediamo, e ciò d'accordo con uno dei maestri della isrnola individualista, e inventore (prima ancor.a di Darwin) de.Jla lotta per la vita Herbert Sperucer, che il regime economico aittuale non è ,che un « r•egime transitorio» (1), una fase « dell'irndUJS,tria·lismobellicoso», e che non dur,erà che u11a sola ,epoca. Noi non •abbiamo timore di v,edere - nel caso che il desiderio del -pr,oJì,ttoche Stuart MiU chiamava già la caccia ai dollari venga ad affievolirsi - l'attività ,economica i,ntorpid'i.nsi per .così poco e finire in ,u,n,acong,elazione generale più di quello che pO'S•SJiamotemere di vedere l'industria umana, sipe,gne·re i suoi forni, s.e l'ultimo pezzo di carb.one fosse consumato·. No. Nel dominio materiale e nel dominio morale esistono altre forze motrici ,presenti e laten.ti che noi potremo invocare e che bastano a rassicurar-e il g,enere umano sui suoi destini ! E poi nella peggiore ipotesi, quand'anche fosse dimostrato che l'affievolimento della concorr,enza sotto la forma della lotta per la vita, che l'aboHzione dell'ardente sete di ,profitto dovessero avere per effetto non (1) HERBERT SPi:NCJ:R: De la Bienfaissance.

29 di esaurir•e, ma .di rallentar,e un po.co le sorgenti delle ricchezz·e che sgorgano a grandi flutti, io non vedrò in ciò, tu:tto ben considerato,, u,na grave ra:gione d'inquietudine. Stuart Mill prevedeva ,questa eventualità d'uno stato futuro in ,e,ui il « fiume della industria umana si sarebbe gettato in un grande mare stagnante>. Ma perchè sta·g,nante? Perchè questa parola che suggeriisce delle idee lugubri, della Maremma, della palude? Non si sa forse che non è neH'aoqua dei to-rr-enti nè dei fiumi impetuosi, sempre agitati ,e fangosi, mai solame•n.tedentro le chete acque dei laghi che si riflette la luc,e del sole e la gioi,a della riva, e neHe qua:li noi possiamo contemplare la no-stra immagine? Parimenti il rallentamento della attività economica accordando agli uomini il godimento della rifl.essione daTà forse ad •essi anche il tempo di vivere, di conoscere sè stessi, d'interessarsi ad a·ltre cose ohe non siano il solo denaro e permetterà alla nostra futura soci-età economka di riflettere nel suo corso tranquillo un po' di giofa, un po' di luce del cielo e de!J.ecose dell'alto.

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La grande maggiora,nza, la qua ·i unanimità degli abbonati alla no tra biblioteca men ile che furono corLesi di ri posta alla no tra inchiesta ci hanno dunque consigliati a continuare, pel i9i5, la pubbl'icazione al prezzo di L. 2. Lu.bella prova òi affetto data alla no tra piccola lUBLIOTECAMENSILE che noi pure consideriamo utilissima per la diffusione dei principi della cooperazione e della previdenza in Italia ci darà nuova lena per soddisfare sempre meglio i bisogni dei nostri fedeli e diletti lettori. Ma nel sobb'ar.carci a que to non lieve compito, rivo•lgiamo vi va preghiera a tutti - dalle Cooperati ve n,ll'ultimo dei soci - perchè venga accresciuto il numero dei nostri abbonati e l'azienda si ri olva almeno in un bi'lancio di pareggio. Attendiamo quindi, dai vecchi abbonati, dai presidenti, egretari e s,oci delle nostre federate e non federate, elenchi di abbonati nuovi cd abbona.bili assicurando che gli sforzi dei nostri coUaborutori saranno compensati dalla nostra più sincera gratitudine. A chiunque ci assicurerà dieci nuovi abbonati assegneremo una medaglia di benemerenza. A coloro che ci inviel'anno più di venti nuovi abbonati, rimette-remo un orologio tascabile.

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