Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. IV. - LA TENTAZIONE 5:1 --- La fama, che suona delle magnanime vostre imprese per tutto il mondo. — E per Roma. ... . — Questo s' intende da se caro lei, perchè Roma fa parte del mondo... — E per questo appunto io lo diceva... —E vi pareggia a Cesare. — A quale dei due, Reverendo, a Giulio o ad Ottaviano ? — Questo non ispiega bene la fama; ma io mi figuro a quello che fece tanti regali al popolo romano in vita e in morte. — E sapete voi perché egli poteva donare tanto? — Eh! mi figuro perché ne aveva. -- Certo, ne aveva perché gli rubò da tutto il mondo; e questo debito è cascato addosso a noi altri nipoti, e ci tocca a pagarlo con le usure, vi dico io... — Ah ! 'tocca a lei pagare i debiti di Giulio Cesare? — E vor siete venuto qui in mia Presenza a paragonarmi con - cotesto insigne ladrone -di provi-mie e di regni ? Il Prete confuso malediceva l' ora, che gli venne in mente recitare una orazione di lunga mano 'composta: era meglio che avesse, favellato, secondo il solito, così alla buona. Ah! — pensava potessero farsi le cose due volte! — Poi tutto umiliato sussurrava. • — Perdoni, •per lo amore di Dio . . . io' non credeva. . . avendo tolto a imitare la orazione di monsignor Giovanni della Casa a Carlo V... che... — Ascoltatemi, favellò il , deposto à un tratto il suono scherzevole, e assunto un cipiglio severo. Io sono vecchio, e voi più di me: però del tempo non ne avanza a me nè a voi: parlate dunque netto, e spedito. Tutte le cose lunghe mi vengono a fastidio, — anche la Eternità. Il Prete, preso alla sprovvista, •non 'sapeva da qual parte rifarsi; quel subito trapasso dal dolce all' agro lo aveva sbalordito: in oltre la ultima proposizione del Conte gli pareva mal sonante, ed eretica. Finalmente, come uomo a cui un

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