Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. XXII. — LA TORTURA 437 qué Beatrice. Carceri, fanie, 'battiture, e le peggiori assai cor- ruttele; -e immagini abbominevoli, lutto' adoperò lo in- fame Vecehio per centaminare questo arigiole di purità... Allora la compassione mi vinse per la infelice famiglia che. .io, aveva giurato *sterminare,' ed -in un- giorno solo' io' impedii più . delitti, che voi forse non- av'ete'giudicato in' un anno. Quando . giunsero al Cente 'Cènei di Spagna nuove 'della morte dei SIPA figliuoli Rocco- ò Castano, gli bastò l' animo imbandire convito ai parenti. e 'agli amici, dov'egli disse, e fece cose, Che parve. miracolo' sé Róina non'sobbissasse : ricercatene i commensali; erano tra' questi Cardinali' di . Santa 'Madre Chiesa, e baroni cospicui. Quando la gente, Cacciata Via- dal terrore, lasciò la sala deserta, egli,' ebbro più 'di empietà che di vinci, OSO levare le scellerate mani sopra Beatrice. Cotesto Sarebbe 'Stato il suo ultimo gior- no., però che io dietro 'le spalle di lui alzassi vaso, di argento 'per ispezzargli il cranio, Se questa innocente, urlando, e riparandolo con le IracCia, 'nen lo 'avesse' 'Salvato. Mosso da lei con ardentissime - preghieic di non attentare alla Vita del padre, io non volli deporre la mia Vendetta; ma determinai . uscire di casa, e coglierlo' altrove: Però il maligno vecchio mi aveva tolto in sospetto; e, fingendomi amore, m' inviava alla Rocca Petrella • per apprestargli le stanze. Le stanze! 'T Già aveva, innanzi spedito alla posta sicarii .perchè mi ammazzassero, e_ intanto' mi:. donava cortese il taharro scarlatto tango di «05. e comecelie io mi difendessi da accettarlo, non mi parendo di- cevele al mio s'Iato, egli volle che ad ogni patto io .prendessi per preservarmi dalla influenza della malaria, viaggiando per la campagna romana: cOSì egli diceva; ma invero perchè il tabarro rosso servisse' di Contrassegno ai - siearii. Mi salvai dalle, stio insidie, .0 le tesi' a lui: vacci:Agi Una mano di compagni; e quando mi credeva morto, lo feci prigione nel suo ultimo viaggio alla Rihalda, 'e lo trassi alle 'caverne di tagliacono, Colà .oloveya morire; ormai pareva che ingegno, O potenza di uomo non valessero' a salvarle; e pure ci fu salVo.. Bevemmo certo vino allopiiiato, Che il Conte si portava seco da Roma; o, .menire.eraA'amo, immersi nel vinci ci fu 'tolto di mezzo, comecchè io tenessi la chiave del suo 'carcere in tasca. n il suo liberatore, chi fu? Eccolo; questa divina figliuola. Non - per queste deposi il fiero anime; anzi sempre Più mi arrovellai nella' vendetta; ed , una notte, avendo prima speculato cautamente il luogo, tolti meco due ~papi, per una finestra del piano terreno, rotta la inferrata, penetrai 'nella ròcea : qui ci spartiamo a perlaStrare la casa uno- dei miei compagni vede traversare un' oni-

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