Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

424 BEATRICE chéi ordinati i calamari e I quinterni; tagliò te penne; di più le guardò' di contro alla luce per esaminare se le punte lbssero pari e il taglio diritto, e le dispose a scala una accanto all'altra a guisa di frecce, pronte ad essere tratte contro San Bastiano legato al palo. Poco oltre il banco un forte cancello di ferro separava questo spazio dalla rimanente sala, ed 'anche là si vedeva un altro uomo che apprestava gli ordigni del proprio meStiere, quasi per virtù di simpatia; e questo era mastro Alessandro, celebrato giustiziere di Roma. Mastro Alessandro appariva di membra proporzionato egregiamente; senza adiPé, muscoloso come atleta, olivastro di pelle, o piuttosto bronzino; i capelli aveva 'ricciuti, e neri; le sopracciglia irte 'calanti su le palpebre in modo', che dai peli rabbuffati vedevi comparire la pupilla ardente come fuoco tra pruni; le labbra poi sottili, e compresse parte per natura, parte per la lunga abitudine di tacere: minutissime rughe gli' attraversavano la fronte; se così fitto avessero solcato gli anni, o piuttosto lo interno avvoltoio non si sapeva, nè alcuno curava sapere; àvvegnachè anche i suoi anni fossero mistero; e parecéhi vecchi prossimi alla decrepitezza narrassero di un mastro Alessandro carnefice ai tempi della loro puerizia: forse era stato suo padre, o suo nonno; ma il volgo lo credeva lo stesso uomo; e ciò gli accresceva la paura. Nello insieme però la sua faccia dimostrava durezza, non bestialità: tipo degenerato, ma pur sempre ròniano. Ci trattenemmo non senza ragione a descrivere così particolarmente mastro Alessandro, avvegnadio ricorresse in quei tempi il giustiziere spesso5 quanto ai nostri ricorre il soprastante dei carceri solitarii. E il Soprastante dei carceri soffiarli , se lo ricordino bene, è moneta con la effigie di Boia, tosata dalla Civiltà' con una lima presa nella bottega della Ipocrisia; Nella stanza erano ritti parecchi pali con un braccio traverso; e in cima a questo pendevano carrucole fornite 'di girélle di bronzo con funi adattate a tirar su pesi; in terra sparsi piombi da mettersi ai piedi per dare la corda con lo squasso, e tassilli, e canobbi, eculei, capre, imbuti, sgabelli da vigilia, aliossi, torcie bituminose, cordicelle di sverzino, fruste, flagelli con triboli in' fondo, seghe con altri più arnesi; corredo che la Ferocia e il: Vitupero dettero alla Giustizia quando la maritarono con lo Inferno. Mastro Alessandro li passava tatti in rassegna, li rimetteva in sesto; qualcheduno forbiva da certe macchie nere, che le vene umane vi avevano sprizzato vermiglie. Il notar° e il' giustizieré, ognuno dal canto suo si apparecchiava a celebrare degnamente la solennità giudiziaria. Intanto sopraggiunsero un altro notaro, e due giudici; i quali

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