Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. XXII. LA ToicruitÀ 405 ---Ma voi non la pensaste semnpre ,a questa maniera; per parte Inia,non rimuovo, e come pensai altra volta penso anche adesso intorno a messer Ludovico: fantasie, superstizioni, stranezze, amori, battaglie, buone' o ree passioni, pianto, rigo, terra, cielo e inferno, tutto cantò quel benedetto ingegno : chi più dl lui si assomiglia alla natura sempre varia, e sempre bella? Vedetelo come nuvola di estate dondolarsi gaiamente fra gli aliti della -sera, e ad ogni momento mutare di forma: guizza per un mare di piacere, e, a modo del delfino, ad ogni scuotere di squam me egli cambia colore. Parlando del poeta quasi -mi pare-diventare io pure poetessa, dacehè i suoi versi passando per la mia memoria vi scuotono l' ale pregne di poesia. Ditend, in gra- zia, Armida forse non emula Alcina? Sì certo; , ma in poema così solenne, come pretese comporlo il signor Tasso, cotesto coloi-se sfacciato offende';. mentre nei vispi canti di inesser Ludovico diletta, e Piace : arrogi che diavoli e streghe, incanti, e selve custodite da demonii femminini quanto mi talentano nell' Orlando, perch.è davvero vi stanno come in casa propria, altrettanto nella Gerusalemme m' increscono. L' Ariosto panni meglio avvisato del Tasso, perocchè il primo cotesti errori schermendo s'ingegni bandirli dalla mente 'del popolo- ; mentre il secondo favellando sul sodo, ve li conferma. -*Ora nei poemi solenni il buon poeta deve valersi della religione depurata dagli errori vulgari, , non già amministrare agi' ignoranti il male per medicina'. Nel demonio abbiaino a credere, ,e Dio ci salvi dalle sue tentazioni; ma non dobbiamo nella maga Armida, e negli stregoni Ismeno ed Idraottég anzi è peccato :onde io giudico che il signor Tasso, avendo in poema religioso accreditato queste favole malefiche, non abbia punto bene meritato della umanità. —Poter del mondo! Luisa, ma sai che tu difendi 11 tuo Orlando Come orsa, che l' alpestre cacciatore Nella petrosa tana assalito' abbia? Io te la do vinta; leggiamo, se ti aggrada, la storia di Ariodante O di Ginevra. — Leggiamola pure, soggiunse don Giacomo; comecchè quella di Olino e Sofronia mi paia troppo Più mesta cosa... -- Ma noi non vogliamo malinconie, esclama donna' Luisa; se di queste avessimo vaghezza non farebbe di bisogno uscire dall'Orlando. Sapreste voi indicarmi più pietoso racconto che quello di Brandii-parte e di Fiordiligi, o l'altro di Zerbino e d'Isabella? — Dirai bene, notò Beatrice; ma che vuoi tu? I casi di Olindo e di Sofronia, m' invogliano al pianto come di fatto veràmente mjecessoi mentre le storie dell' Ariosto mi hanno l'aria di finis-

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