Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

334 imAirmeE Cibo' che assai rassomigliavano fra loro, come fu avvertito poco anzi, Si mostravano quasi sempre osservatori fedeli della data proMessa. Nè si creda già, che studio siffatto muovesse da sentimento generoso: tutto altro. Egli veniva dalla considerazione, che dove avessero mancato, Oleg° loro mestiero diventava fallito ; imperciocChè i Signori o avrebbero smesso le ribalderìe, che da loro si volevano mandate ad esecuzione, o avrebbero ricorso ad altri uomini e ad altri provvedimenti: sicchè essi ponevano nella sciagurata loro vita lo impegno medesimo, che il buono artefice mette a riportare un lavoro puntuale per mantenersi il credito e lo avventore. Indotte da questo-, 'le guardie campestri di scorta al Conte Cènci non fuggirono; é il caporale, fattoglisi dappresso, gli favellò: — Eccellenza, che abbiamo a fare? -Il leone è caduto nella fossa... — ,Se ci muoviamo ci ammazzano come Cani senza difesa, senza vendétta. — Lo vedo,'qai forza. non vale. Entrate a parlamento; guardiamo 'se P arte giova, e procurate capitolare co' banditi... - Oe , gridò il caporale, da quando in qua cane Mangia carne di cane?... Fin -qui credeva, che dai confetti di éionibo e dalle nozze di canapa in fuori non avessimo a correre altri pericoli... • E gli fu risposto: — Parole corte. Noi non cresceremo il fascio delle legna al boscaiuolo. La scorta dei dodici uomini torni sopra i suoi passi senza essere svaligiata: depositi gli archibugi; che domani alla calata del sole ritroverà alla osteria 'della Ferrata. I lupi dello Abruzzo .non dicono due Volte: badati; la seconda parlano con la bocca degli archibugi. E la compagnia? -- Con essa abbiamo altri conti. Le guardie campestri non istettero ad aspettare altre intima- zìoni, e si alloiitanarono senza profferire parola , fatto prima l'astio delle' armi. — Il Conte Cènci passi alla coda della caravana ; — intimò la' medesima »voce. Il Conte, ostentando allegria, obbediva. Orazio lo seguitava, e' lo' intendeva fucilare Così:

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