Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. XVII. - IL TEVERE 299 cerulee stese giù per le guance e pel seno, stillanti gocce lucide del!' iride che scaturisce dalle gemme; la faccia del colorò di perla, dai suoi occhi verde mare balenano sguardi i quali si appuntano dolorosamente negli sguardi del Cènci per modo„ che gli pareva glieli abbacinassero; ma non sapeva staccarsene , sollecitandolo acuto una voluttà acerba, uno spasimo soave. Dalle labbra di corallo, mobili quanto i suoi occhi stavano fissi, usciva un suono che si diffondeva dolce su le acque., quasi note di armonica; — suono che Ulisse non seppe vincere altrimenti che turandosi gli orecchi con la cera. — Benvenuto, ella mormorava, benvenuto l' amico segreto del mio cuore, vieni, io sono fresca, e tempero l' arsura nelle membra febbrili; vieni, io ti darò a bere l' acqua gelida, che non si attinge a fontane terrestri; — l' acqua di Lete, che pro cura l' oblio. Se vorrai dormire io ti apparecchierò in que - sti miei umori un letto di aliche molle così, da infonder,. sonno nei corpi che non conoscono più riposo; — qui nel profondo tu albergherai in palazzi di carbonchio incrostati di zaffiri; sotto la volta delle acque non morde aura ghiacciata di verno , non affanna l' ardente Sirio; quaggiù viviamo dilettate porgendo le orecchie allo arcano mormorio che muove dalle cose, le quali si formano e si disformano perpetuamente nelle viscere del mondo. Noi, se ti piace, o diletto, spazieremo seduti sopra la schiena dei delfini per la superficie delle acque, o inseguiremo negli antri profondi i pesci che fuggono, e .gli altri che si difendono combattendo con la spada, o con la sega; io t' insegnerò a radere con la punta estrema dei piedi il fiore dell'onda, e a palpitare di voluttà con le acque quando raggi della luna penetrano loro nelle viscere, e l' agitano con tremito di fosforo. Io mi accosto a te, tu accostati a me. — Scortese! Io, vedi, ti tendo le braccia; a me contesero i fati oltrepassare il confino delle onde: qui ti aspetto; — qui c' incontreremo; — e qui ti bacerò. 11 destinato allora sente un brivido nelle ossa; i piedi gli diventano piuma, e il capo piombo; cerca andante le labbra della ondina, fende l' aria, tocca l' acqua, e la bacia. La ondina in quel punto solleva le braccia grondanti, lo avviluppa, e lo cuopre nel suo abbracciamento.

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