Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAPITOLO XWIL IL TEVERE. Acque del Tebro, a vol sola è rimasta La grandezza di Roma. AN'FOSSI, Beatrice anci. Fu di Romolo la. gente Che il tridente Di Nettuno in man gli porse. Ebbe allor del mar lo impero, Ed altero Trionfando il mondo corse. GUIDI, 11 Tevere. Ecco il Tevere! Le sue acque scorrono adesso come quando Roma vi si contemplava incoronata di tutte le sue torri. Questi flutti hanno trasportato sul dorso regni, repubbliche, imperi, e Popoli, e, più stupendo a dirsi! una generazione intera di Numi, mescolata con le foglie inaridite che il vento di autunno sparpaglia lungo le sue sponde. Ceneri di eroi, e ceneri di banditi ceneri di papi, e ceneri di eretici furono sparse per la sua superficie, nè egli corrugò la fronte per le une più commosso che per le altre. Dentro ai suoi gorghi le statue di Giove e di Mercurio riposano in pace sopra il medesimo fango, a canto a quelle dei santi Pietro e Paolo. Tutto intorno a te rovina, tutto è mutato; tu rimani lo stesso, e teco il sole italico, che scherza con le fulve tue onde come con la criniera di un vecchio leone. Leva la fronte, o Tevere. Ah! forse non tutti i numi abbandonarono ancora il cielo di Ausonia. Si danno fati, e quelli dei Popoli sono fra questi, che rinnuovano il caso di Anteo, il figlio della terra. Se un lauro un giorno, secondo che porge

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