Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

258 BEATRICE CÈNCI a Roma giurando per l' anima della defunta di temperare con la prudenza ogni intempestivo furore. Mentre io stavo mulinando la maniera di entrare come famiglio in casa vostra., ecco la fortuna che volle favorirmi con istrano accidente. Andando per piazza di Spagna sento dietro di me un rovinìo , uno schiamazzo di voci, che gridavano: « alla vita, bada alla vita! » — Mi volto, e vedo una carrozza trasportata a furia da cavalliche avevano preso il morso co' denti. Il cocchiere, balestrato giù dal sedile, aveva percosso il capo sopra un pinolo, e giaceva col cranio aperto da un lato della strada; chi fuggiva, chi si affacciava allo finestre, chi su lo sporto delle botteghe, senza dare aiuto e senza neppure pensare a darlo; stupidi e spietati, per vedere soltanto come si sarebbero rotto il collo bestie e cristiani, e poi cavarne i numeri per giuocarseli al lotto (4)... Umana razza! Io mi gittai al morso di un cavallo; e quantunque per buono spazio seco mi strascinasse a furia, pure giunsi a fermarlo. Allora mise fuori dello sportello la faccia tranquilla e mansueta un barone di età matura il quale, dopo avere commendalo molto il mio coraggio, mi pregò a volermi presentare in giornata al palazzo del Conte Cènci. Così è; io, nè più nè meno, mi era trovato a salvare la vita, senza saperlo, al mio atroce nemico. Non me ne dolsi, anzi me ne compiacqui; perchè se fosse morto in altro modo, che di ferro, e per le mie mani, mi sarebbe parsa vendetta rubata. Il Conte mi accolse co' modi che si confanno a gentiluomo; prese contezza di me, e sentendo come io • stessi ozioso per Roma, egli medesimo mi propose accomodarmi in casa sua. — Era quello che con tanto studio io cercava: certo il pellegrino non bacia tanto devotamente la Madonna della santa casa di Loreto, come io toccai le soglie di questo palazzo, col proponimento di circondare il Cènci di solitudine e di desolazione. — Diseredato di qualunque affetto, superstite ai cari figli, che io disegnava uccidergli con varia morte, orfano del cuore come aveva fatto me. . . quando la vita gli fosse riuscita di supplizio, la morte sollievo, conser-

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