Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. XIII. - IL TRADIMENTO 223 berai mutare vita, e doveva' tagliare reciso ; , ma io volli- lasciarvi lo addentellato 'e mi sconciai. — Aveva fatto tanto male nel mondo, che• pure bisognava attendere a ripararvi con qualche bene; ma il male potei fare da me solo, il bene no. Pensai ad, acquistare i centocinquanta scudi del curato per farne dire tante messe pér.1' anima del maestro e' degli altri che ho Morti, i quali spero in Dio che non saranno per ca-gionè mia in peggiore • luogo che nel purgatorio, , ed anche per provvedere alla meglio alla povera vedova; nè levarglieli mi pareva alla fin fine peccato perchè , a vostro dire, voi glieli avevate donati per burla; e per la parte ch' egli,poteva averci di suo, la è cosa vecchia che' lo ,accessorio seguita il principale. Mi travestii da accattone esaminai diligentemente i luoghi, e nottetempo quatto quatto penetrai in casa, e m' inpadronii del danaro. Nel ritirarmi entrai dentro un armarlo ; il curato si ,sveglia, mi scambia pel gatto, e mi scaglia contro una carpa, 'che parve una bombarda; ma non gli successe di cogliermi. 'Avevo notato, come il degno sacerdote possedesse un Asino giovane e- forte, e disegnai torglielo a imprestito per fornire più comodamente il cammino. Andai per esso: lo sciolgo dalla mangiatoia, gli metto la hai-della, ed egli quieto; lo conduco allo aperto, ed egli sempre 'agevole: quando però si accorse che io volevo montargli sopta, prese a 'sparare calci da spezzare un monte di ferro.. Ali! vuoi battaglia? e battaglia avrai, io dico. Egli calci, e calci io; egli morsi, ed' io bastonate da levare ,il pelo: alla fine egli chinò gli orecchi, e sospirando chiese capitolare. Perdono ai vinti, purchè si lascino cavalcare. Io vi salii sopra, e ce ne partimmo insieme da buoni amici, come se neppure avessimo avuto contesa fra noi. Su lo albeggiare conobbi pendere dalla bardella le bolgette; e' dandomi molestia la moneta che portava addosso, vi riposi dentro gli scudi del prete 'e i miei, che tra argento e oro formavano un valsente di trecento ducati, e più. Cresciuto il giorno io m' inselvai, disegnando rientrare in Roma 'su la bruna: dell' Asino pensava ormai potermi fidare... ma sì, vatti a fidare dell' Asino! — Però lo lascio» andare a' suo talento, poco curando eh' ci pie-

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