Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. IX. - IL SUOCERO 143 voce e con cenni domandare mercede; se non che il Conte, mal sofferendo che il servo si trattenesse dopo il suo comando, con •suono al quale era impossibile resistere aggiunse: — Uscite. . — Ah!. clarissima ed illustrissima donna Luisa, — diceva il servo con pal'ole ardenti — vede. . . per aver fatto entrare vostra signoria tocca adesso uscire a me. Lascio considerare a lei se sia giusta. Io mi trovo proprio per le strade: — non dirò per colpa sua Dio me ne guardi! ; .ma finalmente per renderle servizio mi capita addosso questo male: — veda un po' di ripararlo: mi raccomando a lei, gliene va di coscienza. . . L' anima del servi o , mezzo supplicando e mezzo rinfacciando, stretta dalla agonia del pane, sì attaccava a donna Luisa ( disprezzata poco anzi) come ultima àncora di speranza. Luisa per vero dire sentì stringersi al cuoré . pel duro caso, e più per quel meschino; e stette in forse se dovesse' andare oltre, o ritornarsene a casa; quella a ctii pareva avere, avuto schiarimento abbastanza, ed essercene di avanzo: tuttavolta prevalse in lei il consiglio peggiore, ed entrò. I vecchi servi furono attorno al compagno disgraziato, e sottilmente deridendolo gli . medicavano la ferita con l' olio di vetriolo. Luisa, con atto ne umile ne superbo, si fece accosto al banco dove il suocero l' aspettava in piedi; e polche per onorarlo come padre, voleva prostrarglisi davanti, egli non lo permise; ma rilevandola pronstarnente, Con 'voce benigna favellò: — No, figlia mia, -io non ho le orecchie nei piedi. Non sia per rimprovero; ma .la creatura umana non deve prostrarsi ad altri, che a Dio. Signor padre, poichè voi così benigno mi concedete il diritto di adoperare questo nome, permettete che innanzi tratto vi domandi perdono di non essermi mai Presentata al vostro cospetto. Mi avevano assicurato che voi mi avreste bandita

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