Una città - anno V - n. 46 - dicembre 1995

B Hrischioche nelle Alpi, come in tutto il mondo, scompaia la cultura della montagna. La burocrazia che soffoca e "il realismo verde" necessario a legare l'ambiente all'economia. La battaglia, insieme a Alex Langer, contro le opzioni etniche. Intervista a ReinholdMessner. Come vivi tra le montagne del Sud Tirolo nei lunghi intervalli tra un'avventura e l'altra? Quando sono qui, in Sud Tirolo, faccio il contadino. Ho un maso vicino al Castel Juval in Val Venosta. L'ho diviso in due, com 'era in origine. Nel primo abbiamo ricostruito il vecchio vigneto.L'ho dato in affitto per quindici anni ad un contadino che ama il vino e lo sa fare molto bene, secondo le regole locali. Non essendo uno specialista, non intendo rovinarlo. Nel secondo, che sta un po' più in alto, tengo le mucche, le pecore, le capre. Per avere tutte le costruzioni di cui ho bisogno vi ho trasportato una casetta del 1721 dalla vicina Val Senales. E' un pezzo d'arte originale, tutto in legno, che mi serviva per chiudere il maso, per fare un borgo, perché una volta i masi di montagna erano come piccoli borghi. li nonno e la nonna vivevano in un piccolo edificio, la giovane famiglia nella casa principale, i collaboratori in un'altra piccola costruzione. Poi c'era una stalla per le pecore, due o tre cani, una piccola piazza: una specie di fortificazione protetta. Ma è stato difficile riuscire a realizzare una cosa culturalmente tipica. Ho dovuto scontrarmi con la burocrazia locale: se avessi fatto una casa in cemento armato, non avrei avuto problemi. Invece, ti proibiscono perfino di far pascolare le pecore. Secondo loro dovrebbero rimanere chiuse in stalla ed essere alimentate con il fieno comprato da altri contadini, che usano concimi chilJ'liCi.Penso che i contadini dovrebbero rinunciare a tutte le sovvenzioni pubbliche in cambio del diritto ad una totale sovranità sulla loro terra. I nostri masi più belli, quelli che hanno un valore artistico, sono nati prima dell'ingerenza urbanistica della provincia autonoma. Quelli nuovi sono brutti non perché i contadini non saprebbero farli belli, ma perché la legge li costringe a farli così. I grandi masi, i vecchi masi sono tutti stati costruiti senza architetti, senza ingegneri e senza burocrazia. Noi siamo stati intrappolati dalla burocrazia. Peggio di un carcere. Non abbiamo solo la burocrazia locale, ma anche quella italiana e dell'Unione Europea. Una burocrazia costosissima che diventa sempre più pesante e manda in crisi l'economia. Non solo da noi, ma anche in Austria ed in Germania. I sistemi di governo in Europa hanno costruito un'amministrazione che continua a crescere e prima o poi esploderà, ci sarà una rivoluzione, molti già si ribellano. Dicono: "Perché devo andare a lavorare?". Gente che ha intelligenza, che vuole realizzarsi, che ha voglia di fare qualcosa di positivo, di non distruttivo, anche di più coerente dal punto di vista ecologico, viene intrappolata nella burocrazia. li funzionario, specialmente quello di Bolzano, ti caccia dalla porta. Tu hai un problema, lui è pagato per aiutarti. Invece ti scarica da un ufficio all'altro. Vengono su e ti dicono: "Sei fuori regola qua, qua e qua, chiudiamo tutto". Se un contadino oggi prende una sovvenzione di cento milioni per farsi un fienile nuovo, deve spendere più di cento milioni per la burocrazia, per gli architetti, per gli ingegneri. Così tutta la sovvenzione torna a chi glie l'ha data, indirettamente. I contadini -ripeto- dovrebbero comportarsi come i principi di una volta: rinunciare al sostegno pubblico, senza permettere ingerenze nel proprio territorio. Per un obiettivo come questo sarei disposto a guidare una marcia su Bolzano, innalzando la falce, simbolo delle antiche lotte per le libertà contadine. so 0 1 ancora i contadini di cui Af'. parli? Naturalmente so che la cultura dei nostri contadini di montagna è cambiata. Molti vivono come in città, producono come si produce nel1'industria. Ovviamente, ci sono eccezioni, però la massa produce mele, vino, latte secondo metodi industriali. Questa è una soluzione che al momento funziona, anche se non so quanto potrà durare. E' una società molto tradizionalista e conservatrice dal punto di vista culturale, e molto moderna da quello economico. Io penso ad un altro tipo di agricoltura: ogni regione dovrebbe tornare a produrre direttamente la maggior parte di ciò che serve per alimentarsi. Il nostro latte fa dei giri che nemmeno conosciamo. Lo speck viaggia per mezza Europa prima di diventare speck sudtirolese, con un aumento vertiginoso del numero di camion che · trasportano su e giù merci che po- . trebbero benissimo essere prodotte . nelle vicinanze dei luoghi dove vengono consumate. Quarant'anni fa, quand'ero ragazzo, il contadino produceva quello che serviva: un po' di grano, un po' di patate, latte, burro, un po' di carne. Il terreno veniva sfruttato il meno possibile per averlo intatto anche tra mille anni. Oggi la cultura dei contadini di montagna sta morendo, e questo sta avvenendo in tutto il mondo. Vince la cultura della pianura, della città: in America è già successo con la sconfitta dei popoli originari; in Sudamerica rimane in alcune zone, mentre resiste ancora in tutto l'Himalaya. La cultura della montagna è nata dalla gente che viveva lì per necessità e lentamente ha costruito una relazione con un ambiente difficile. La natura della montagna è diversa dalla natura della pianura, tu devi accettarla e vivere secondo le sue leggi. E' una natura che, lentamente, continua a cambiare. Per esempio l'acqua è diversa da quella di vent'anni fa. I ghiacciai stanno cambiando, le piogge non cadono più come una volta. Questo è successo sempre, anche mille anni fa, però l'uomo della montagna aveva l'istinto, la capacità di cambiare a sua volta. Adesso tutto questo l'ha perso. Da una parte proponi un'inversione di tendenza che fermi un progresso che distrugge la montagna ed il maso, dall'altra, però sappiamo che ti dichiari favorevole ad una superstrada contestata dagli ambientalisti. Puoi parlarci di questo tuo realismo verde? Intanto non sono un politico, sono uno che vorrebbe fare. Non mi dà gioia e soddisfazione lavorare politicamente. Alexander Langer era un politico. Lui era fatto per lavorare per gli altri. era disposto ad aiutare la gente a trovare soluzioni. Come elettore devi poter dire di un politico "sono d'accordo", "non vado più d'accordo", "mi sento bene in questo gruppo". Alex era così, era facile votare quando si candidava lui. In Italia con i Verdi mi sento perso, c'è troppa litigiosità, non vedo personalità emergenti o un movimento ben presente. L'esempio della controversia che dura qui da oltre vent'anni intorno alla costruzione alla superstrada che dovrebbe unire per 25 km Merano a Bolzano effettivamente aiuta a spiegare il mio tipo di realismo. Oggi la strada che c'è attraversa diversi paesi e in certi periodi del1'anno ci puoi mettere anche cinque ore. Tutte le macchine tengono il motore acceso, aspettano, aspettano e si diventa matti. Dopo varie liti, in gran parte interne alla Svp, hanno deciso di farla a quattro corsie. Secondo me bastava una strada abbastanza diretta, a due corsie. Intanto però non è ancora fatta. Ci si è messo di m zzo anche il Wwf con un ricorso al Magistrato delle acque.L'aggressività degli abitanti cresce di pari passo alla puzza e all'inquinamento delle macchine. Credo che, dopo vent'anni, non ha più senso opporsi: vuol dire mettersi contro il senso comune di gran parte della popolazione. li mio è un realismo verde, è la definizione giusta. Mi riconosco molto nella linea di Joska Fischer, capo-gruppo dei Verdi al Bundestag. E' uno che si è fatto da sé, molto intelligente, sveglio e veloce, l'unico temuto da Kohl. Fischer me l'ha presentato Alexander; con lui ho conosciuto molte altre giovani personalità politiche che si sono poi perse nel l'ideai ismo. Dopo i vent'anni, sono diventato molto scettico verso tutti gli idealismi, perché frenano il pensare. lo sono un realista, uno che accetta la realtà e tenta di vedere il mondo attraverso l'esperienza propria e di pochi amici fidati. Se parlo di salvare il maso di montagna so, per esperienza, che si può fare solo cosi, come entità autosufficiente, perché non potrà altrimenti competere col latte della pianura padana o dell 'Olanda. Con la sua architettura, che è un pezzo d'arte, e la sua cultura, può ben integrarsi nell'economia turistica che rimarrà la prima risorsa per il futuro del Sud Tirolo. Il turismo funzionerà però soltanto se ci saranno delle zone fortemente tutelate. La gente smetterà di andare sull'Alpe di Siusi o sulle Dolomiti se diventeranno delle Disneyland, simili a delle città intasate di strade ed alberghi, con elicotteri che girano tra le vette per far vedere a pochi un bel panorama. Le Dolomiti sono un ambiente unico al mondo e non si può consentire che vengano distrutte dal traffico. Sono d'accordo con le proposte che tendono a fermare le auto private all'inizio delle vallate e a spostare sul treno il trasporto delle merci. Però ci vogliono delle arterie di grande collegamento dove il traffico possa scorrere, anche sotto lé montagne se necessario. Come vedete parlo da ecologista ma anche da economista. Qui entra in ballo il mio realismo verde. Nel resto d'Italia la situazione, sempre dal punto di vistaecologico,è più semplice. L'Italia è il paese più fortunato d'Europa. Il vento spazza via l'inquinamento e lo scarica sulle coste dei poveri vicini. Abbiamo sole e vento in tale quantità da poter sostituire, assieme ali 'energia idroelettrica, gran parte degli attuali combustibili sporchi. Il Ministro dell'ambiente dovrebbe presentare progetti di lungo periodo, che potrebbero, però, costargli la rielezione. D'altra parte io sono fermamente convinto che inseguire gli umori degli elettori, in ragione di un consenso a breve termine, non faccia che favorire le destre più radicali. Guardiamo all'Austria dove c'è una situazione economica molto grave ed una spesa pubblica gonfiata che i vecchi partiti non hanno avuto coraggio di riformare: il liberalnazionalista Haider nelle prossime elezioni anticipate non sarà molto lontano dal 30% dei consensi. Cosa unisce la tua "piccola patria" alle culture dei contadini di montagna che hai conosciuto e studiato? Se tu giri, ti metti nelle condizioni di moltiplicare gli incontri, ti cresce l'amore per la piccola patria. Vado, cerco di capire. parlo con persone che non sanno né leggere né scrivere. Imparo qualcosa da loro e forse loro imparano qualcosa da me. Se sono stato in grado di entrare nelle culture montane di tutto il mondo è perché conoscevo la vita della stalla e del maso. In Nepal. nel Tibet o in Sudamerica i problemi sono simili. Uno dei lavori più importanti sarà per me in futuro la costruzione di un mosaico delle culture di montagna, e del loro Niederga11K, che in un tedesco difficilmente traducibile vuol dire sia "scendere a valle" che "andare a fondo". lo non sono del parere che le vite siano simili. La cultura può essere la stessa ma le vite sono diverse. La cultura è sempre quella che l'uomo fa. Noi dobbiamo accettare il fatto che l'uomo da centomila anni è su questa Terra e modifica la natura attorno a sé. E' l'unico che riesce a cambiare e questo cambiamento si chiama cultura. Significa che, in realtà, la cultura è sempre antinatura, per definizione. Se tu non modifichi, la natura non fa cultura. I contadini hanno il maso lassù perché prima hanno tagliato gli alberi, hanno bruciato le radici, hanno portato via i sassi. Poi hanno fatto i muretti, hanno portato il grano, hanno lavorato la terra e questa è la cultura della montagna, tutto incluso. La cultura coincide sempre con una certa distruzione della natura. E' proprio attraverso il confronto con la natura selvaggia, per poter sopravvivere, che l'uomo ha fatto crescere la sua intelligenza. L 'uomo era il meno adatto per poter sopravvivere in questa Terra, era cacciato da tutti, dal fulmine, dall'animale selvaggio, dal fuoco nella savana, dai serpenti, da tutti era cacciato e così ha fatto crescere una capacità che è l'intelligenza e lentamente si è sparso in tutto il mondo. E' diventato l'unico essere animale il cui habitat si estende alla Terra intera. Ma oggi, secondo me, non è più inseguito da nemici esterni, non sta più crescendo nella sua intelligenza. Oggi il più forte nemico del- ! 'uomo è la grande massa che si autodistrugge. La forza autodistruttiva dell'uomo è diventata secondo me totale e io sono sicuro che I'uomo non sarà infinito su questa Terra. La specie avrà una fine, ad un certo momento. Può darsi che succeda con una catastrofe, però io vedo molto più probabile l'autodistruzione. Possiamo finire in tranquillità, spegnendoci lentamente o finire in modo terribile, con malattie, l'aria irrespirabile, l'acqua avvelenata. L'incontro tra te ed Alex Langer è stato l'incontro tra due "tradii ori". L'occasione fu la questione del censimento etnico? Ho fatto amicizia con lui all'inizio degli anni '80. ''Tu forse sai - mi aveva detto un giornalista italiano - che a Bolzano, quelli che fanno politica, quelli che hanno in mano la cultura, dicono sempre che sei un traditore della tua Heimat, della tua patria". Sono esploso. Nel 1939 Mussolini e Hitler avevano firmato un accordo che prevedeva il riconoscimento dei contestati confini del Brennero, in cambio della possibilità, offerta alla popolazione di lingua tedesca. di un trasferimento nella Germania nazista. Gran parte dei sudtirolesi avevano optato appunto per la Germania di Hitler. Se si doveva parlare di tradimento bisognava secondo me riaprire quel capitolo doloroso della nostra storia. Questo era un tema che i miei genitori cercavano accuratamente di evitare. "Ma cosa è successo in quegli anni -domandavo a mia madre intorno ai 14-15 anni- parlate sempre della bella patria del Sud Tirolo e poi mi dite che nel '39 eravate tutti disposti a lasciarla?". Non c'è un esempio analogo nella storia, di un popolo che di fronte a quella che ritiene un'occupazione coloniale, se ne va invece che combatterla. Poi ho saputo che mio padre era stato uno degli organizzatori delle opzioni a Bressanone, ma anche che negli ultimi anni della sua vita aveva accettato le mie critiche. "Se avessimo saputo cosa succedeva in Germania ... " diceva. Questa presa di posizione ha decretato la mia morte culturale. Non me l'hanno mai perdonata. A Bolzano mi hanno sputato in faccia per strada, hanno pubblicato sul quotidiano Dolomite11 centinaia di lettere tutte negative: quelle positive non le pubblicavano. C'erano lettere dove una donna diceva che mia figlia, che ora vive in Canada, era una bastarda. Metodi incredibili. Ora l'ostracismo è diventato più sottile. Il giornale del monopolio Athesia, che condiziona in maniera determinante la politica locale, parla a denti stretti delle mie avventure sportive, ma nasconde ogni mia altra presa di posizione. In quel periodo ho conosciuto Alex, che nella mobilitazione contro il primo censimento etnico nominativo, da lui considerato una vera e propria schedatura etnica, si era rifatto alla tragedia delle opzioni del 1939. E infatti la campagna fu chiamata '·Contro le opzioni 1981". Anche lui rimase da allora marchiato di "tradimento". Poi, quando è morto, anche il Dolomiten lo ho onorato come un grande politico. In realtà per 20 anni gli hanno reso la vita impossibile trattandolo come il peggiore dei nemici. Per lui mi era facile votare. Potevo dire: "qui ho dato una mano, ho dato delle responsabilità a una persona che difende le mie idee, per la quale posso mettere la mano sul fuoco, che non ruba, non lo fa per soldi, non lo fa per avere tre voti, che porta avanti una visione politica". Ora tutto è più difficile. Chi gli è stato vicino sa quanto dolore ha dovuto sopportare negli anni della giovinezza, quante ingiustizie e costrizioni si è caricato sulle spalle, quanti pesi ha tolto ad altri ed ha preso su di sé. Ad un certo punto l'ansia di curarsi degli altri si è trasformata in una malattia. E gli si è rivoltata contro. Io invece sto davanti a questa realtà come il topo davanti al serpente. E devo accettarla. -

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