La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

prorosta di un servizio civile nazionale); uno scenario internazionale di imervento economico con una forte accen tu azione tecnocratica e competitiva che non tiene conto dell'impatto enorme, anche qui da noi, del sottosviluppo del sud del mondo. Un'impostazione che rischia di essere di vecchio tipo, pur se corretta da alcune dosi di solidarismo e con tratti di "volto umano": la politica estera ( e della difesa ) non è il pezzo forte di Prodi. Forse dipenderà dai cattivi consiglieri, ma si avverte il problema di fondo. La politica estera e il contesto internazionale mancano di un'adeguata commisurazione su questo scenario globale della proposta politica che viene avanzata per l'Italia. E anche la pace rischia di essere un'invocazione rituale, della quale non si capiscono i contenuti e le implicazioni di un rrogramma politico per l'Italia ( e l'Europa ) di · fine secolo. Quali potrebbero essere questi contenuti ? Intanto una politica estera autonoma e originale che individui due direttrici fondamentali: il Mediterraneo (specificatamentente Maghreb e Medio Oriente) e i Balcani con un ruolo di cerniera e di ponte di dialogo e di aiuto economico. In secondo luogo un'azione più autonoma per la riforma delle Nazioni Unite. Tralasciamo i termini di questa riforma, di cui si sta dibattendo in questi giorni: consiglio di sicurezza, seconda camera da istituire, corpo di polizia internazionale permanente. È importante che l'Italia più che l'ultima delle grandi potenze, diventi l'avanguardia di quei paesi di media importanza che richiamano - attraverso la democratizzazione delle Nazioni Unite - l'esigenza di avere un ruolo più significativo nel consesso internazionale. Non si tratta di dare vita ad un nuovo movimento di non-allineati, ma di paesi che escano fuori dalle vecchie logiche della guerra fredda - occidente, Nato, terzomondismo - e si pongano sul terreno della rivitalizzazione delle istitu- . zioni internazionali e democratiche. In terzo luogo è realistica e doverosa (lo propone l'Onu) la riduzione del peso delle armi e dell1esercito: istituendo, sì, un servizio civile YQQ_ nazionale, ma diminuendo le · spese militari, optando per l'Onu e non per la Nato, lavorando per una sicurezza comune e non per la difesa dei più forti e dei privilegiati. La politica estera del nostro paese è stata inesistente, come politica autonoma e originale, a causa del contesto internazionale dei quarantanni di guerra fredda. Da qual~ che tempo se ne occupano politologi molto polemici e sempre molto ideologi, fino a riprodurre le mode della geopolitica, desli interessi nazionali, della riscoperta della patria e così via. Anche una politica estera e della difesa , democratica , di sinistra , non c'è mai stata in questo paese. Certo non lo era quella del Pci ai tempi della guerra fredda, appiattita sulla logica del blocco sovietico. E se è stata originale lo è stata proprio grazie al progressivo distaccarsi. dalle posizioni di quel blocco. L'eurocomunismo fu una delle sue espressioni più significative. La vera novità di questi ultimi tempi è che i confini tra politica estera e politica interna sono sempre più labili. Tra i due poli, su questi temi c'è una certa marmellata ( se non si tiene in gran conto delle sparate nazionaliste - poi rimangiate - di Alleanza Nazionale e di quelle antieuropeiste di Martino) e il residuo di consociativismo qui, non è stato ancora pienamente scrostato. Naturalmente sui temi della pace non si fanno alleanze, e sui problemi della politica estera non si perdono le elezioni. Lo scenario internazionale non chiama più a a grandi divisioni interne, espressione della lotta politica a livello internazionale. Ma questa sottovalutazione è sempre di riù una forma di irresponsabilità politica di fronte alla crescente globalizzazione. Nell'Ulivo e nelle forze democratiche manca ancora una cultura politica, una riflessione adeguata, un programma di punti convincenti e realizzabili che riguardino una collocazione positiva, di pace e di cooperazione, nel contesto europeo ed internazionale. Per la pace si possono fare molte cose; e molti programmi di g?ve~no possono assumerne 1sp1raz10ne e direttrice di marcia. Bisogna disarmare l'economia, la politica e la società. Mercificare e mercatizzare anche il servizio di leva è sbagliato, oltre che enormemente costoso. Si decida invece di ridurlo, di limitarlo, di metterne a disposizione una parte per l'Onu per le missiom di pace. Una moderna Europa carolingia è una miopia, come lo è stata Maastricht. Si lavori invece per realizzare blocchi regionali più ampi che includano le tre Europe ( oggi foriere di guerra ) di cui parlava Galtung in un precedente numero della Terra vista dalla luna: l'Europa cattolico-protestante, l'Europa slavo-ortodossa, L'Eurasia islamo-musulmana. Un'economia competitiva dell'Italia e dell'Europa che non si faccia carico delle contraddizioni del modello di sviluppo acuisce la forbice della povertà e e mette a repentaglio anche la nostra sicurezza: la bomba demografica e migratoria è pronta a scoppiare. I bisogni sociali irrisolti sono foriere di nuove guerre civili, anche metropolitane. Pochi hannff oggi un pensiero politico globale. La tradizione socialdemocratica dopo Brandt e Palme non ha più un respiro teorico e culturale di quella ampiezza. Quella comunista o post-comunista,ha avuto in Gorbaciov il suo ultimo interprete. In questi giorni il Primo Ministro svedese Carlson (socialdemocratico) ha reso noto il rapporto sulla "governabilità globale", parente dei precedenti rapporti di Brandt e Palme. Chi ne parla? Quale effetto hanno nel dibattito politico della sinistra italiana ed europea? Men che zero. Sarebbe già tanto se si sapesse di che si tratta. In realtà, l'unica istituzione e l'unica persona che ancora pensano nei termini di un approccio globale e guardando alle grandi questioni dell'umanità - pace, ambiente, sviluppo - sono la Chiesa cattolica e Papa Wojtila. Con tutti i loro limiti. Che sono tanti. Il pensiero politico democratico, ci offrirà in futuro, qualcosa di meglio? ♦

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