La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

Una politica per la pace Giulio Marcon La politica nostrana in questi ultimi tre anni ha accentuato il suo storico e tradizionale provincialismo. Si trascorrono le settimane a discutere sulle date delle elezioni, dei pettegolezzi nei poli, della casa di D' Alema e altro: in alcuni casi si tratta di cose importanti, in altre di questioni ai poco conto. Su tutto prevale la pochezza di una cultura e di una prospettiva politica che non va, nel migliore dei casi, oltre le "regole" ed il funzionamento del sistema politico. Partiti e personale politico si scontrano ferocemente all'interno di un'autosuffcienza del "politico" e di una decisa afasia verso la società e i problemi di fondo che dobbiamo affrontare in questo scorcio di fine secolo. Non che in altri paesi occidentali vada meglio: populismo, nazionalismo e liberismo sono le componenti sperimentate del cocktail della nuova politica del mondo civilizzato, e non solo. Impazza la suggestione del "modello asiatico": sviluppo economico senza protezioni sociali, riduzione dei diritti, governo autoritario dei conflitti. N elio stato-nazione come nel villaggio globale, questa è la nuova tendenza delle grandi oligarchie internazionali e delle leadership moderatenazionali: Gingrich, Aznar e Berlusconi ne sono alcuni degli interpreti più sinceri. In ogni caso, c'è un limite di fondo. La politica attuale è ritagliata sullo stato-nazione, mentre l'economia, la comunicazione e l'ambiente procedono sulla strada della globalizzazione. Si creano nuovi centri di potere (oligarchie, strutture finanziarie e di comunicazione transnazionali, gruppi di potere economici multinazionali), mentre la politica non riesce a governare né i processi internazionali, né tanto meno la dimensione nazionale di questi problemi. C'è un processo di depotenziamento delle istituzioni internazionali: le grandi istituzioni finanziarie ed economiche internazionali (Fmi e Banca Mondiale) non controllano che una piccola parte dei flussi e delle transazioni internazionali. Bastano alcune operazioni di oligarchie e di gruppi economici e il sistema monetario e finanziario internazionale entra in crisi. Il G7 non ha che un piccolo peso nel controllo d1 questi processi. Per non parlare dell'Onu. C',è un percorso di autonomizzazione dalla politica dei processi globali (economia reale, comunicazione, fi- <:...._ ·-· _·<·2·-:· --- -.. :'·- nanze), che sono via via sempre più incontrollabili nelle sedi democratiche ed istituzionali, che ne risultano sempre più impoverite Ecco perché il movimento per la pace e della solidarietà mternazionale ha messo al centro della propria azione le questioni della democrazia e dei diritti internazionali (alla pace, allo sviluppo, all'ambiente), impegnandosi _per il rafforzamento e la riforma democratica delle Nazioni Unite. Prima congelate dalla guerra fredda, poi caricate di eccessive aspettative nel dopo '89 ,cui non potevano dare risposta, sono oggi in crisi. Prive di risorse, d1coesione politica, di un mandato chiaro sono la vittima delle indecisioni e del ritorno delle politiche nazionali nei paesi più forti. Organizzando la marcia Perugia- Assisi, il 24 settembre scorso il movimento per la pace ha voluto indicare un possibile progetto politico: di fronte ad un mondo sempre più governato dalla selvaggia anarchia dei gruppi di interesse più forti, solo la strada di una soslia minima di democrazia internazionale può limitare lo scoppio di conflitti ed ingiustizie m ogni angolo del pianeta. Di fronte a questo complesso di temi anche l'Ulivo , pur nella variegata articolazione di posizioni dei gruppi che compongono la coalizione, manifesta dei limiti di elaborazione e di iniziativa. Il programma di Prodi è in questo senso esemplificativo: poche parole sula prospettiva dell'Onu, una idea dell'Europa sul "modello renano", a due o P,iù velocità; una struttura rrulitare interamente professionalizzata (pur se positivamente accompagnata dalla

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==