La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

Il possibile e l'impossibile della politica MarinoSinibaldi '\' La politica statascreditata,nei temp_ni ostri,dalla violenza e dallacommedia, soprattuttodallacommedia. (Nicola Chiaromonte) Nei mesi alle nostre spalle, la caduta di credibilità della politica ha conosciuto in Italia una nuova accelerazione. Non solo per l'ennesimo scandalo, quello rubricato come Affittopoli, che pure proprio per la sua banalità ha effetti devastanti nell'impoverire ogni residua dignità e nobiltà della politica: essa appare infatti non come la sfera in cui dibattere pubblicamente quali diritti spettino ai cittadini e qual'è la strada per renderli effettivi, ma come l'attività che privatamente li $arantisce, stabilendo i confini della nomenclatura che vi ha accesso. E non nelle forme enormi, e perciò distanti, delle grandi fortune realizzate con Tangentopoli; ma in quelle minime e vicine del favoritismo straccione che ha colonizzato la nostra vita collettiva. Se Tangentopoli appartiene alla sfera del privilegio, ossia a quella dimensione della vita socialeverso la quale gli italiani sembrano da secoli rass esnati, Affittopoli si presenta mvece sotto la luce della prepotenza: piccola, se vogliamo, e perciò ancora più inaccettabile al modesto senso comune che circola in questo paese. Ma detto questo, le ragioni dell'impopolarità della politica in Italia sono ben più profonde di uno scandalo che magari sarà presto rimpiazzato da un'altra più grande o anche solo più squallido. Segnali di questa imJ?opolarità, marginalità, sfiducia si manifestano da anni. E invece è già nel lavoro di interpretazione di questi sintomi che la sinistra continua ad accumulare ritardi e superficialità. A partire da un"imprecisa ricostruzione della loro storia e da una perdurante tentazione ideologica, che funziona come una comoda scorciatoia per attribuire o deviare responsabilità. Un segnale di questi atteggiamenti sta nell'idealis_ticae fasulla contrapposizione che capita spesso di ascoltare tra la p_oliticacom'è e quello che era (quando? negli anni Trenta, Cinquanta, Settanta?). Si tratta di rimpianti infondati. Certo, in altre epoche l'identificazione con cam_piideologici diversi poteva dare l'impressione di una contrapposizione radicale e presentarsi come la l?recondizione di un'alternativa. Ma questa era moralmente discutibile e storicamente impossibile. E comunque a chi oggi lamenta come tutto si riduca a tirare Lamberto Dini un po' più a destra o un po' più a sinistra, vorrei ricordare che dal p1:mtodi vista delle tattiche politiche quell'impasto di noia e spregiudicatezza è una costante italica, che ha fun- _zionatoanche in tempi di feroce scontro sociale. Nei mitici anni Settanta, per esempio, lo stesso dilemma si presentava in termini ancor più sgradevoli: Giulio Andreotti (Giulio Andreotti!) doveva governare con i voti dei fascisti o dei comunisti? E a pochi apparve intollerabile che lo facesse, in un breve arco di tempo, con i voti .Prima degli uni e poi degli altn ... C'è in questo paese una vischiosità della politica - e ancor prima della società, probabilmente - che rende frequenti i passaggi in cui la politica, come "arte del _possibile", si presenta sotto forme grottesche. Ma la politica, ricordava Nicola Chiaromonte nei suoi taccuini (il Mulino ne ha pubblica ti una parte col titolo Che cosa rimane), "è anche l'arte dell'impossibile": è questa, per venire al cuore del problema, la dimensione che pare scomparsa dalla scena politica e culturale contemporanea. Nella sinistra questa assenza viene comunemente lamentata e rimpianta come "fine dell'utopia". Questa formula è però straordinariamente ambigua: in primo luogo perché allontana dall'oggi (e da noi, dal nostro impegno quotidiano) le responsabilità ma anche perché in genere nasconde il riferimento a un'elaborazione, quella marxista, le cui numerose realizzazioni si sono mostrate giganteschi esempi di uto)?ia negativa. In quella nostalgia c'è però una perversa razionalità: è stata infatti l'esistenza virtuale di quest'altra dimensione - un'altrove nel mondo o nella storia futura - che ha consentito alla politica di consolidarsi come lo spazio di un'incessante attività di compromesso e consociazione, di produzione di conformismo di massa e di emarginazione delle minoranze dissidenti. Per la sinistra proprio il simulacro di quell'altrove - utopico o e sanguinosamente reale che fossegarantiva la nobiltà di tale attività (ne occultava, cioè, l'ignobiltà) e permetteva di associarsi più o meno tatticamente e moralmente, con grande libertà, nel corso della sua storia con personaggi ben peggiori di Lamberto Dini. Sisifoe il PensieroUnico Forse è anche per le comode ricadute che aveva sul piano tattico ed esistenziale e per la copertura che rappresentava verso ogni compromesso politico e privato, che molti a sinistra rimpiangono la stagione dell'ideologia. Molti più di quanto non si cr -la:un giornalista più acuto 1.., gli altri ha recentemente notato che se D' Alema infine confessasse ai suoi iscritti che beh, insomma, noi crediamo ancora nel comunismo, sarebbe travolto dagli applausi (ma non c'è bisogno di ipotesi maliziose: alle feste del'Unità Bertinotti risulta regolarmente tra i più applauditi). E' dunque chiaro ormai che la sinistra non riesce a elaborare il lutto di quella perdita: un lustro o poco più dall'89 sono un tempo storicamente breve ma r,oliticamente enorme. E le difficoltà politiche e culturali di oggi sono anche figlie di questa incapacità. Oltre che con questo più o meno confessato rimpianto, la sinistra - la sua parte viva o anche solo inquieta, quella che obbedisce all'imperativo laico del "cercate ancora"- YQQ

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