La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

MUSICA MARECHIARO, CARAIBI Rino Della Volpe e Gennaro Tesane degli "Alma Megretta" · a cura di Michele Esposito Con il loro secondo cd Sanacore ( distribuzione Anagrumba) gli Alma Megretta, un gruppo napoletano che ha esordito nell'inverno 1983-84 con il c.d. I figli di Annibale, si sono affermati come il fenomeno musicale più interessante nel vasto e variegato campo della musica gi0'1Janile. Michele Esposito è un giovane giornalista napoletano. ♦ Prima, l'Africa, un confronto tra la tradizione napoletana e l'Africa, arabica e non. Adesso i Caraibi. Sariacore propone un confronto e uno scambio tra la tradizione napoletana (cui ricorre proponendo tra l'altro una canzone molto· bella che ha il testo di Salvatore Palomba, il poeta paroliere di Sergio Bruni, e altrove l'apporto vocale di una grande grande esecutrice degli anni Settanta poco nota fuori di Napoli, Giulietta Sacco) con il reggae, che dà ai testi di questo compact la tonalità dominante. Perché? Gennaro. La differenza di questo disco dal· precedente sta in una nostra maggiore radicalità. Volevamo andare molto più a fondo di quanto non avessimo fatto nel primo nella tradizione napoletana e nello stesso tempo andare più a fondo nell'apporto di quella giamaicana, scelta stavolta come unico punto di riferimento esterno a Napoli mentre nel primo disco i riferimenti eranò più vari e si restava in superficie. Andando più a fondo nella cultura napoletana, c~pare di essere andati più a fondo anche nella riflessione sul reggae. Rino. Il reggae è una musica di accordi in minore, come .guella napoletana; e la dominante éiella tradiz10ne napoletana è malinconica come quella del reggae. Scrivendo Nun te scor-: da ', la linea era quella del reggae dub, su una _musicaanche un po' vecchia, semplice. · G. Il materiale del disco precedente è nato lungo tre anni di lavoro, caratterizzati da influenze diverse. Qui invece tutto è nato in 70 .intensissimi giorni, chiusi in uno stesso luogo, a Procida, con poche sortite verso l'esterno. Di qui la concentrazione stilistica che ci sembra questi brani abbiano. Si na la sensazione mo1to netta di un progetto unitario, quasi di un manifesto, di una scelta destinata a durare. Niente sembra lasciato al caso o a suggestioni.del momento. G. Sin dall'inizio avevamo chiaro di dover seguire un percorso rreciso, un percorso in profondità, basato su confronto tra due co~e apparentemente molto diverse: la nostra tradizione, liberata da tutte le sovrastrutture televi-. sive e ricondotta all'essenza, e la musica giamaicana non turistico-pubblicitaria (via le cartoline di Napoli e via anche le cartoline tropicali con le belle mulatte, il mare e le palme!). R. La musica giamaicana è una musica di schiavi africani trnpiantac·i, che poi i è con.: frontata con la tradizione del rhytm and blues, proveniente anche quella dagli schiavi, ma stavolta da quelli insediati negli stati meridionali degli Usa. . Niente a che vedere i::onla tradizione inglese, per esempio con Lyndon Nkwesi Johnson o altri degli anni Settanta, anglo-caraibici? G. Con Jonhnson-no, con Londra sì, e con la musica che vi si fa oggi. Noi abbiamo registrato il nostro disco in uno studio londinese specializzato in reggae, dove tanti sono giamaicani. In maniera oscura e sotterranea il reggae è utilizzato in tutta la musica pop e dance internazionale, molte cose sono impensabili senza il reggae. Il basso reggae ha preso piede . dovunque. R. Ci impressiona molto il fatto che sia Napoli che la Giamaica siano due posti molto piccoli che hanno però prodotto una cultura musicale che ha davvero fatto i1 giro del mondo. In Giappone,. mettiamo, tutti conoscono· co sole mio, e tutti conoscono Bob Marley. Come vi ponete rispetto alla tradizione musicale napoletarra più recente, quella degli anni Settanta1 per esempio, i Senese, _Daniele, Bennato, Nuova Compagnia ... ? G. Sono cose diverse. Ci ha interessato ovviamente moltissimo, ci siamo cresciuti.dentro. Ma per molti il punto di riferimentq era il blues, ed era un fenomeno non ancora legato alla realtà della interculturalità, che in Italia è più recente, prodotto dall'immi.grazione dai Sud del mondo, da un contatto diretto (e difficile) con culture diverse dalla nostra. Da questo punto di vista la situazione è cambiata enormemente, e noi abbiamo cercato di prenderne atto, con molto interesse e con molta disponibilità. R. La Nuova Compagnia ha avuto il merito di diffondere testi che tutti i giovani oggi conoscono, specialmente nel Sud, e che spesso vengono calcati pari pari. Il filtro della Nccp lo senti nelle tammurriate per esempio, rifatte sèmpre secondo la lettura che ne hanno dato loro. Ci siamo trovati in situazioni, nella stessa Campania, dove dei' gruppi di giovani di città suonavano alle feste quelle tammurriate che originariamente provenivano da quelle campagne, ma la gente non le ballava, ·non riusciva a seguirle, il ritmo era diverso dal loro. G. D'altra parte, va detto che a noi il discorso della purezza non interessa, ci interessa il discorso della contaminazione . R. Non ci interessa la tradizione così com'è, non ci interessa riproporre una cosa che non esiste più, perché sappiamo bene che non esiste più il mondo che l'ha prodotta. Guardare ind.,;,_~tt~ ?.. \l..~?.. C.\..'!~ù. c.~'l:.\..u..d..m?.. e.i.- .~ ~(:)"i).. ~ ... ~~~ più, 01strutta e app1atùta è\a'\ cap1taì\smo, e un'operazione culturalmente ambigua, che pe~ esempio va bene anche alla nuova destra. A 001 interessa prendere di una tradizione le cose che ci piacciono di più e che ci sembrano più vitali e rimetterle in gioe<;>oggi, in rapporto alle cose di oggi, con modi che sono di oggi. · G. Fare i conti con il patrimonio napoletano o campano è per noi molto importante. Il modo di cantare di Rino, per esempio ... R. Ho preso molto dagli Zezi. Ma sono cose che mi ritrovavo abbastanza spontaneamente, anche senza saperlo. A un pezzo come Pe' dint'e viche addo' nun trase comare, scritto da SUOLEDI VENTO

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