La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

moria. I popoli dell'ex Jugoslavia sono condannati a vivere sullo spazio che la storia ha loro assegnato, siano essi riuniti in uno stesso Stato oppure separati gli uni dagli altri. Non c'è altro luogo per loro, nessuno è in grado di proporgli un paese disposto ad accoglierli. Sarebbe il caso di rifarsi ali' esempio di quelli tra i nostri antenati che, durante la Seconda guerra mondiàle e la Resistenza, hanno saputo comportarsi con buon senso e spirito di fratellanza? Questa scelta è difficile da riproporre, dal momento che le esperienze comuni sono state gravemente compromesse. Dopo le ferite che sono state loro inflitte, i Bosniaci musulmani o laici cercheranno, sicuramente con maggiore energia e risoluzione, di affermare la loro identità. Tra loro ci sono sempre stati spiriti disposti ai compromessi dettati dalla loro situazione e dalla collocazione tra Serbi e Croati. Tra l'altro saranno obbligati a valutare le alternative che si offrono al mondo islamico che li ha sostenuti: islamizzare la modernità o modernizzare l'islam. Queste due prospettive difficilmente possono collimare. Solo 9.uest'ultima scelta sembra imporsi. Essa deve essere compiuta nella coscienza degli individui e del popolo, in un ambiente eterogeneo e diffidente. Le comunità laiche prevalgono oggi su quelle a base religiosa: si tratta di trarne tutte le conseguenze. Sarà possibile superare tutti questi ostacoli, con forze affievolite dalle prove affrontate? È in questi termini che si pongono le questioni della coesistenza in Bosnia e in certe altre regioni dell'ex Jugoslavia. Come disarmare una memoria vendicativa? È questa la prima e può essere l'ultima questione del grande dibattito che si deve aprire e dal quale dipende il nostro avvenire. ote 1 Alekea Santic: f oeta serbo, orto a Mostar ne 1924. Dopo la caduta dell'impero ottomano della Jugosla-via, supplicava i Musulmani della Bosnia Erzegovina di non emigrare in Turchia. 2 "Bali", rozzo contadino turco, er estensione appellativo peggiorativo per tutti i musulmani. • Cosa può essere la giustizia internazionale Antonio Cassese a cura di Vanessa Vasic]anekovic (traduzione di Elena Fantasia) Antonio Cassese, ex professore di Diritto Internazionale, è presidente del Tribunale Criminale Internazionale per la ex Jugoslavia. L'intervista che segue - inedita in Italia - è stata pubblicata sul numero di Maggio 1995 di "War Report". • La risoluzione 808 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha costituito il 23 febbraio 1993 il Tribunale Criminale Internazionale per la ex Jugoslavia. Facendo appello al Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, il Tribunale si propone di "perseguire legalmente le persone responsabili di gravi violazioni della legge umanitaria internazionale" nell'ex Jugoslavia dal 1991. Il suo scopopiù in generale è di contribuire a ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali. Hanno contribuito alla formazione di questa corte internazionale, la prima dopo i tribunali di Norimberga e di · Tokyo, due tipi di pressioni. La prima era uno studio decennale affrontato da esperti in diritto internazionale, provenienti dalle Nazioni Unite e dal mondo accademzco, sui metodi per far rispettare l'assetto costituitosi dopo la seconda guerra mondiale e altri trattati internazionali, in particolare la convenzione di Ginevra. La seconda pressione · era ovviamente il ·continuo versamento di sangue nella ex Jugoslavia, in special modo le rivelazioni dell'agosto 1992 dei campi di detenzione serbi nel nord della Bosnia, e inoltre la crescente sensazione nelle popolazioni che questi crimini non sarebbero stati puniti. Incapace di intraprendere un'azione più energicaper ridurre il conflitto, il Consiglio di Sicurezza emise alcune risoluzioni, come la 771, che esprimevano allarme per i rapporti sulle diffuse violazioni del diritto internazionale e che si rivolgevano agli stati membri per raccogliere più informazioni possibili su questo genere di violazioni. La risoluz ione 780, dell'ottobre 1992, ha costituito una commissione di esperti, presieduta dal docente di legge Cherif Bassiouni dell'università St. Paul di Chicago,per raccogliere prove e dare suggerimenti. Ha presentato il suo resoconto all'inizio di febbraio. Nel frattempo Francia, Italia e Svezia !Janno preparato esaurienti studi sulla possibilità di giudicare presunti crimini nella ex Jugoslavia, mentre i 28 stati membri delle Nazioni Unite, la Svizzera, la Commissione internazionale della Croce Rossa, alcune organizzazioni non governative e altri esperti hanno inviato suggerimenti e consigli. Come indicato nella risoluzione 808, il 3 maggio 1993 il segretario generale Boutros BoutrosGhali ha presentato il suo rapporto sulla formazione del Tribunale, includendo la prima stesura di uno statuto, la proposta per una sua organizzazione, una discussione sulla bas~ legale, le finanze e l'ubicazione. Con l'approvazione unanime di questo rapporto da parte del Consiglio di Sicurezza, nella risoluzione 827 del 25 maggio 1993, è sorto il Tribunale. La risoluzione chiedeva "a tutti gli stati di cooperare pienamente con il Tribunale Internazionale e i suoi organi in cònformità della presente risoluzione e dello Statuto del Tribunale Internazionale". Anche se salutata con ottimismo generale, la sua costituzione ha sollevato anche alcune domande. La natura ad hoc del Tribunale - concentrato su una.guerra e, cosa discutibileper alcuni, sui crimini · commessi da una parte - potenzialmente contraddice l'ideale di un corpoperma,nente fon dato da un patto interna-

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